Il presidente di OSA e di Confcooperative Sanità è stato ospite di Punto Sanità, il magazine di approfondimento sanitario di Sanità Informazione
“Oggi l’Italia dal punto di vista dell’assistenza domiciliare è sussidiata dal sistema del Terzo Settore, in particolare dalla cooperazione sociale. Il Covid ha dato la sveglia, dimostrando che anche le Regioni più evolute dal punto di vista ospedaliero hanno fatto fatica senza un sistema territoriale. Si parla finalmente di uno sviluppo dell’Adi, anche se i dati sono drammatici. Basti pensare che il 2.9% degli ultra 65enni – una cifra molto bassa – è assistito per sole 12 ore l’anno. Capiamo bene che questo non fa dell’Adi un livello essenziale di assistenza. Il PNRR prevede che si passi al 10%, quindi a 1 milione e 80mila assistiti per un numero di ore pari a 20 ore mese. È chiaro che se moltiplichiamo tutto questo viene fuori un numero di ore di assistenza importante che richiede, a nostro giudizio, una regia unica a livello nazionale per dettare regole univoche ed eliminare la disuguaglianza regionale presente nel nostro Paese”. Sono le parole di Giuseppe Milanese, presidente di OSA e di Confcooperative Sanità, ospite di Punto Sanità, magazine di approfondimento di Sanità Informazione.
“Del PNRR mi colpisce la tendenza a realizzare mattoni senza accorgersi che la vera carenza del SSN è nelle risorse umane”, aggiunge Milanese. “C’è bisogno di una grande campagna di formazione e di una figura, l’operatore socio sanitario specializzato, che affianchi il lavoro di infermieri e medici presenti sul territorio. Con un vero sistema territoriale possiamo evitare 1 milione e 200mila ricoveri, perché nel nostro Paese l’ospedalizzazione impropria è un problema reale. Immaginiamo un territorio con i medici di famiglia disponibili, anche tramite le case di comunità che si stanno realizzando, e la farmacia dei servizi dove il cittadino, soprattutto anziano, può entrare per informarsi e far partire la richiesta di assistenza domiciliare, scegliendo tra erogatori, cambiando anche quelli che non gli assicurano la qualità che merita. In altre parole, un sistema che compete per requisiti e qualità, dando risposte ai bisogni sociosanitari delle persone”.