“Non potevo fare nessun altro mestiere se non questo. Sin da bambina volevo fare l’infermiera, avevo il sogno di curare il mondo, di assistere gli altri. Semplicemente questa professione è la mia vita”. Miriam Fernandez, argentina di Santa Fè, lavora nel servizio di Assistenza Domiciliare che OSA assicura nel territorio della Asl Roma 1. È specializzata nella cura dei pazienti cosiddetti di area critica, ad alta complessità assistenziale, seguiti dall’équipe multidisciplinare OSA su turni di 24h. Miriam fa l’infermiera in questo campo così bello e delicato, con amore e dedizione, da quasi 40 anni: prima in Argentina e poi con la Cooperativa, prima nei reparti dell’ospedale San Giovanni Battista di Roma e ora nell’ADI. “Quando entriamo in casa di questi pazienti è come se ci trovassimo di fronte ad un piccolo reparto di terapia intensiva”, racconta Miriam, “oltre ad un'elevata dose di competenza indispensabile per utilizzare i macchinari che aiutano queste persone a respirare o a nutrirsi, ci vuole un carico particolare di umanità, specialmente quando si entra in relazione con i familiari. Non è mai facile, soprattutto quando si tratta di genitori che hanno figli malati. È necessaria molta psicologia, bisogna capire le situazioni, mettersi in ascolto. E poi si deve saper intervenire con tempismo se qualcosa non funziona”.

 

Arrivata in Italia quando nel suo Paese esplode la crisi economica e sociale dei primi anni 2000, Miriam si è subito trovata bene nella grande famiglia di OSA che al suo interno ha un’anima multiculturale e accoglie diversi professionisti provenienti da ogni parte del mondo. “Sono felice”, dice ancora con il suo accento tipicamente latino che trasmette molta allegria, “mi ricordo ancora quando il mio responsabile in Argentina mi disse: ‘ci sono questi italiani che cercano infermieri’. Sono venuta in Italia per restarci un paio di anni, ormai questa è diventata casa mia, OSA è casa mia. In tutta la mia vita professionale mi sono sempre ripromessa di essere imparziale nell’assistere le persone, a prescindere da chi mi trovo di fronte: ricco o povero, giovane o anziano, famoso o sconosciuto. Ho sempre lavorato in questo modo perché la salute del paziente viene prima di ogni cosa. E, alla fine di tutto, quando un assistito ti sorride perché lo hai aiutato a stare meglio, sai di aver fatto bene il tuo mestiere”.

 

Quella di Miriam è una bella storia umana e professionale, coronata quest’anno anche dalla vittoria del Premio Vittorio Crisponi, riconoscimento che ricorda la figura dell’ex direttore della RSA di Bellagio, consegnato da OSA ai soci più meritevoli nel loro lavoro previa votazione dei loro colleghi. “Non mi aspettavo di ricevere il premio Vittorio Crisponi, sono rimasta in silenzio e per una come me è una rarità!”, scherza Miriam. “Sono contenta di averlo ricevuto. L’ho visto come un riconoscimento per quello che ho dato in OSA, soprattutto perché quest’anno con l’emergenza sanitaria dovuta al Covid l’impegno è stato ancora maggiore. Ringrazio i miei colleghi che mi hanno votata, perché so bene che anche tra di loro ci sono molte persone valide che meriterebbero un premio o un riconoscimento per quello che fanno ogni giorno in casa degli assistiti”.

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