“Sono stata in ospedale 22 giorni, la saturazione dell’ossigeno continuava a rimanere bassa, facevo piccoli passi di miglioramento ma anche continue ricadute, era frustrante e deludente, ed è difficile farsi forza quando non vedi nessun risultato. Fortunatamente il progetto dei Covid Hotel è venuto in mio aiuto, mi hanno spiegato l’opportunità di poter concludere il periodo di quarantena in hotel gestito da operatori sanitari che potevano seguirmi e aiutarmi nella fase di recupero piuttosto che ritrovarmi a casa, ancora isolata, da sola”. A parlare è Grazia, 56 anni, sposata e madre di un figlio di 16. La storia del suo calvario per guarire dal Covid è stata raccolta nell'edizione speciale di 50MILA VOLTI Magazine, dedicato all'impegno di OSA, straordinario e ordinario, durante i mesi terribili della pandemia. Sulle pagine del periodico della Cooperativa, Grazia ha raccontato una testimonianza difficile e dolorosa, la paura di quei giorni in Lombardia quando il virus faceva paura e vittime, ma anche l'esperienza felice del Winter Garden Hotel, il primo Covid Hotel italiano gestito da OSA a Grassobbio, da marzo fino alla fine di maggio, dove insieme ad altre realtà territoriali, i professionisti della Cooperativa hanno assicurato assistenza sociosanitaria e una quarantena sicura ai pazienti dimessi dagli ospedali della bergamasca non ancora negativizzati.
“Il 17 marzo la mia vita è cambiata. È da quel giorno che è iniziato il calvario a causa del Covid-19. All’inizio ho avuto solo febbre e tosse, finché un giorno mi sono sentita mancare le forze e il respiro. Ho controllato la saturazione dell’ossigeno e mi sono resa conto che la situazione stava peggiorando. Mi hanno ricoverata al Papa Giovanni”, dice Grazia a 50MILA VOLTI Magazine. “Quando mi hanno fatto indossare la C-pap ho capito subito che la mia situazione era grave. Ho temuto moltissimo per la mia vita. La sensazione di soffocamento è uno strazio. Ero terrorizzata dal pensiero che se mi fossi addormentata forse non mi sarei più svegliata. Ero sempre cosciente, mi addormentavo solo qualche oretta per sfinimento, ma ero sempre vigile temendo che se non avessi combattuto avrei rischiato tutto. Il mio unico pensiero fisso era mio figlio non potevo abbandonarlo, non potevo mollare, lo dovevo fare per lui. Il personale sanitario è stato molto dolce e disponibile, essendo già in una situazione di isolamento, con il casco dell’ossigeno o con il C-pap lo sei ulteriormente, e questo gli infermieri lo sanno, ponendo molta attenzione riguardo al rapporto umano, per quello che gli era possibile fare”.
Le giornate in ospedale, i compagni di stanza, la paura di non farcela o di essere trasferita in un altro ospedale. Una guarigione “davvero lenta”. Poi l'arrivo al Covid Hotel gestito da OSA in provincia di Bergamo. “Ho spinto a farmi portare al Winter, avevo bisogno di aiuto, di condivisione, di rapporto umano per riuscire a superare ciò che avevo visto e vissuto. Quando sono arrivata in hotel è stata una vittoria, e ho continuato a sentire questo entusiasmo per i giorni successivi grazie al fantastico supporto dato dagli infermieri, dalla psicologa, dai fisioterapisti… un clima che mi ha aiutata a recuperare il contatto con la realtà, con la speranza che possa tornare il prima possibile alla normalità”.
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