Enrico compirà tre anni il prossimo agosto. È affetto da una grave malattia genetica che lo costringe a letto dalla nascita. Non può parlare né muoversi. Mangia attraverso un macchinario e comunica solamente grazie ai movimenti degli occhi. Ad assisterlo dalla nascita, insieme a mamma Benedetta e papà Mario, c’è il lavoro di Laura Mori, Francesca Rocchetti e Alessia Scurriselva, tre operatrici Osa ormai legatissime al piccolo Enrico e alla sua famiglia.
“È stato il mio primo caso di domiciliare pediatrico – racconta Laura – e posso davvero dire che siamo cresciuti insieme. Ricordo ancora perfettamente il giorno in cui lo abbiamo portato a casa dall’ospedale, fu un’emozione bellissima”. Il lavoro su un caso come quello di Enrico ha coinvolto Laura ben oltre il consueto rapporto professionale, tanto da cambiarla “anche sul piano della mia vita privata”. In particolare il rapporto con mamma Benedetta ha aperto alla giovane operatrice Osa le porte della fede, una dimensione spirituale che lei non aveva ancora sperimentato: “Per me è diventata quasi una vocazione – spiega Laura con la voce rotta dall’emozione – la comprensione del dolore altrui mi ha aiutato a dare un senso ancora più profondo al lavoro che svolgo”.
La storia di Enrico è stata raccontata anche da un servizio del programma di Rai 1 “A sua immagine”, andato in onda venerdì 18 aprile. Il tipo di patologia che ha colpito il piccolo non consente diagnosi certe né terapie stabili, quindi il lavoro dell’operatore si costruisce giorno dopo giorno insieme ai genitori dell’assistito. “Farsi accettare dai genitori e collaborare con loro – ci racconta Alessia Scurriselva – è la cosa più importante in questi casi. È anche la cosa più bella, professionalmente parlando, del lavoro a domicilio. Puoi curare tutti gli aspetti dell’assistenza, non solo quello infermieristico. In casi come questo il supporto umano può assumere un valore determinante”.
Comunicare con Enrico, inoltre, non è semplice e solo la pazienza e la costanza consentono agli operatori di leggere e interpretare anche i più piccoli segnali che arrivano dal bambino. Francesca Rocchetti, 25 anni, è la neuropsicomotricista che cura gli aspetti motori, cognitivi e psicologici dell’assistenza. “Cerco di stimolare tutti i sensi di Enrico attraverso input di diverso tipo – spiega Francesca – e anche la minima risposta è la più grande forma di comunicazione. Significa che Enrico sta beneficiando del tuo operato, che il tuo affetto per lui è diventato uno strumento di cura”.
Un coinvolgimento che non compromette il necessario distacco professionale ma che allo stesso tempo accomuna l’esperienza delle giovani colleghe. “Una cosa così grande cambia la vita di tutti. Famiglia, operatori, tutto”, ammette Laura. “Entri a casa delle persone e lì la divisa non c’è più, a lungo andare diventi parte di quella famiglia”. Un’esperienza totalizzante che aiuta a trovare nel lavoro e nell’aiuto del prossimo la forza per affrontare anche i grandi dolori che la vita ci pone davanti.