Il senso della cura e i volti dell'assistenza raccontati in un libro. Un patrimonio nascosto fatto di storie, di momenti di condivisione, di gesti che alleviano il dolore e aiutano a stare meglio. Si tratta delle esperienze che OSA, nel corso di quasi 30 anni, ha accumulato stando vicino a chi ne aveva bisogno, alle persone a cui ha fornito i suoi servizi.
Abbiamo parlato di patrimonio nascosto per definire tutto questo, perché il contesto in cui si sono realizzate, e cioèil rapporto fra operatore e utente, è quasi sempre privato o, al massimo, esteso a poche persone. Per dare la giusta eco a tutte queste voci e la grande ricchezza che veicolano, Giuseppe Taddeo (psicologo e socio di OSA dal 1992, che svolge il suo lavoro nella Divisione Sociale), insieme al fondamentale contributo di tutta la Cooperativa e dei tanti soci che hanno collaborato con lui, ha realizzato un libro, intitolato “Il senso della cura, i volti dell’assistenza”. Proprio con Taddeo abbiamo parlato di questo “lavoro di scavo” all’interno delle vite degli operatori e degli utenti che ha portato quest’opera a vedere la luce.
Com’è nata l’idea del libro?
“L’idea è nata circa un anno fa, durante l’Assemblea dei soci. Nel corso di quell’evento, come al solito, vengono presentati i risultati raggiunti dalla Cooperativa. Oltre alla presentazione dei numeri che compongono il bilancio sociale, l’evento prevede anche un momento in cui alcuni operatori e utenti portano le loro testimonianze. È una parte dell’Assemblea che mi piace molto e ad un certo punto ho pensato che non poteva restare circoscritta solo a quella giornata perché nelle storie che venivano raccontate c’era una parte fondamentale del nostro lavoro”.
Qual è questa parte?
“Il rapporto fra operatore e assistito. È un fattore fondamentale per rendere l’assistenza veramente di qualità ed è un aspetto a cui OSA, come Cooperativa, presta da sempre tantissima attenzione. Scrivendo questo libro ne ho avuto un'ulteriore conferma”.
Parliamo del titolo, come mai ha scelto proprio “il senso della cura, i volti dell’assistenza”?
“Il titolo mi è venuto in mente mentre ero in corso d’opera. Ogni volta che intervistavo gli assistiti e gli operatori, osservandoli mentre mi raccontavano la loro storia, mi sono accorto che i loro volti trasmettevano tutte quelle emozioni che avevano vissuto. Erano lo specchio che meglio rifletteva le vicissitudini che avevano passato. Vedere il loro volto è stata una parte importante di quel processo di scoperta delle loro vite che ho portato avanti per scrivere questo libro. Considerato che quest’opera vuole proprio far conoscere un aspetto dell’assistenza che normalmente è conosciuta solo da operatori e utenti ho deciso che il volto, o meglio i volti potevano riassumere nella maniera migliore il senso di questo lavoro”.
Del confronto che ha avuto e con gli assistiti che cosa l’ha colpita?
“Sicuramente l’estrema disponibilità di tutti a essere intervistati. Mi è sembrato come se queste persone sentissero il bisogno di aprirsi, di raccontare la loro storia. Per quanto riguarda le storie, invece, devo dire sono tutte molto toccanti, non ce n’è una in particolare che spicca sulle altre. Però, ma questa è solo una mia impressione, il rapporto fra operatore e utente mi è sembrato particolarmente profondo e importante soprattutto nelle persone che vengono assistite a domicilio”.
Per quale motivo secondo lei?
“Penso che chi viene assistito a domicilio, rispetto a chi si trova in un Centro diurno semiresidenziale, soffra molto di più il problema della solitudine. Quindi, in questi contesti l’apporto degli operatori e il loro rapporto con gli assistiti assume anche altre valenze che vanno al di là del semplice servizio offerto. Per queste persone, a volte, noi siamo gli unici depositari del loro dolore”.
E per quanto riguarda gli operatori intervistati, qual è stato l’aspetto che le è rimasto più impresso?
“In particolar modo mi ha colpito il fatto che gli operatori, quando puntano forte sul rapporto con gli assistiti, compiendo a volte anche grandi sforzi, si sentono arricchiti. Il relazionarsi con le persone di cui si prendono cura è per loro un’occasione non solo di crescita professionale ma anche umana, di maturazione”.
All’inizio dell’opera, nel momento in cui ha iniziato a lavorare al libro, si immaginava questo risultato o si aspettava qualcosa di diverso?
“No, devo dire che il risultato di questo lavoro rispecchia le mie aspettative iniziali. L’unica cosa di cui in parte mi rammarico è di non essere riuscito a realizzare un numero maggiore di interviste. Mi piacerebbe continuare questo percorso per raccontare ancor più dettagliatamente questo aspetto del lavoro della Cooperativa, questo patrimonio che spesso è conosciuto solo dagli operatori e dagli assistiti”.