“Volevo lavorare nella moda e diventare una grande stilista, l’Italia per me era un sogno”. Al suo arrivo nel nostro Paese, nel 1994, il destino di Tsiatata Tuzayenesembrava riservarle tutta un’altra storia. Vent’anni dopo, invece, Tsiatata è un’infermiera Osa che in Italia ha trovato l’amore, un lavoro che le dà soddisfazione e una splendida famiglia.

Finiti gli studi da sarta nel Congo, Tsiatata raggiunge alcuni suoi parenti e amici in Italia per tentare la fortunanel mondo della moda. Dopo qualche anno capisce, però, che la sua strada è un’altra. “A casa erano tutti infermieri: mio marito, mia sorella, il suo compagno. Ogni sera tornati a casa si parlava di malattie e medicine. Mancavo solo io all’appello e così mi sono detta, perché no?”

Così dal 2003 al 2006 Tsiatata studia scienze infermieristiche e nel 2008 comincia a collaborare con Osa. “Mi sono trovata sempre bene e non parlo solo del rapporto tra colleghi. All’inizio ad esempio facevo assistenza domiciliare e per me era perfetto. I miei figli erano molto piccoli e potevo gestire gli orari con elasticità. Qualche tempo dopo, però, ho avuto un brutto incidente automobilistico e ho preferito non guidare più. Osa mi ha dato la possibilità di passare a un altro impiego, che non prevede continui spostamenti”.

Da qualche anno Tsiatata lavora alla casa di riposo “Roma 1”, nella Capitale. Il suo impiego la porta spesso a stare in contatto con il dolore degli assistiti, un’esperienza forte che però le ha dato molte gratificazioni. “Qui ci occupiamo di persone di ogni estrazione e provenienza. Può capitare perciò di assistere anziani che sono rimasti soli, alcuni ci sono stati affidati dalla Caritas. Sono situazioni di grande sofferenza e bisogna avere una certa forza per poter svolgere bene questo lavoro.Tuttavia, il sorriso che spunta sul viso di un assistito, fino a cinque minuti prima scontroso e imbronciato perché deve prendere una pillola, ti fa capire quanto conti per loro il contatto umano con noi infermiere”.

Chi ha origini straniere, oltre ad affrontare la consueta diffidenza di un paziente in là con gli anni verso un estraneo, deve colmare anche la distanza dovuta alla diversa nazionalità. Una questione che Tsyatata sa bene come affrontare. “La mia tesi di laurea è stata sulla mediazione infermieristica transculturale. I pregiudizi ci sono eccome, l’unica risposta è agire in modo professionalmente impeccabile. Se sei una brava infermiera, nessuno avrà nulla da dire sulle tue origini”.

Sebbene la nostalgia della sua terra spesso sia forte, in Italia Tsiatata si sente ormai a casa. “Qui ho mio marito e i miei due splendidi figli Carlo e Miriam, di 6 e 3 anni. Mia madre mi raggiunge ogni volta che può, così la nostalgia si fa sentire ancora di meno. Chissà, magari un giorno tornerò in Congo. Mi piacerebbe poter lavorare nel mio Paese, ho imparato così tante cose in Italia e in Congo c’è ancora molto da fare per quanto riguarda la figura dell’infermiera”.

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