Il Piano nazionale della cronicità è atteso domani, giovedì 15 settembre, all'esame della Conferenza Stato-Regioni (è inserito nell'ordine del giorno). Previsto dal Patto per la Salute 2014-2016 il documento programmatico prende le mosse dall’attuale contesto di riferimento, caratterizzato dal progressivo invecchiamento della popolazione (in Italia la percentuale di “over 65” sul totale della popolazione è pari al 21,2%) e dal conseguente aumento dell’incidenza delle malattie croniche. Molteplici gli obiettivi: riorganizzare il territorio, dar vita all'integrazione socio-sanitaria, rivisitare il ruolo degli ospedali, attuare un piano di prevenzione. E ancora: puntare su domiciliarità, telemedicina, formazione degli operatori e valorizzazione del paziente.
Ispirato ad autorevoli modelli internazionali, il Piano mira a segnare una svolta importante nell'approccio alla malattia. La persona diviene, infatti, il centro del sistema di cura, grazie alla costruzione di percorsi diagnostico-terapeutici che la inseriscono in un piano di assistenza il più possibile personalizzato; il paziente quindi non è più utente “passivo” delle cure, ma collabora attivamente alla gestione della sua condizione, arrivando a definire con l’équipe un percorso di cura che gli consenta di convivere con il suo quadro patologico. Le novità proposte dal Piano sono l'attivazione dei Pdta (percorsi diagnostico- terapeutici) in riferimento all'adozione di modelli come il Chronic care model, la Piramide di Kaiser e la Piramide del Rischio. Un nuovo approccio alla salute che si basa anche sulla creazione all'interno dei nosocomi di “percorsi di cura delle acuzie nella cronicità”, tutorati e garantiti da personale dedicato. La fase di attuazione si articola in cinque step: stratificazione e targetin della popolazione di riferimento, prevenzione, presa in carico del paziente, erogazione degli interventi personalizzati e valutazione dei risultati. Sarà inoltre attivata una Cabina di regia nazionale per l’analisi dei risultati, la diffusione delle buone pratiche, la valutazione di modelli innovativi, inclusi i criteri di remunerazione, eventuali modifiche da apportare in corsa.
Nei giorni scorsi, il provvedimento è stato al centro del convegno “Gestire la cronicità”, organizzato dalla Fnomceo (la Federazione degli ordini dei medici e degli odontoiatri) e da Ipasvi (la Federazione dei collegi degli infermieri). “Quella che ci attende è soprattutto una sfida di sistema – ha spiegato in quell'occasione Renato Botti, direttore generale della programmazione sanitaria del Ministero della Salute -: i finanziamenti saranno certo importanti per sostenere singole funzioni, ma molte delle attività sono isorisorse. La vera scommessa è l’organizzazione o la riorganizzazione del lavoro: alcuni degli spunti contenuti nel Piano forniscono anche strumenti per facilitare la presa in carico. Penso a una maggiore flessibilità, da favorire anche mettendo a disposizione risorse per chi si voglia cimentare e in nuove attività: gli ambulatori dei Mmg, ad esempio, potrebbero diventare siti di erogazione di primo livello. Il Piano cronicità, insomma, contiene gli spunti per assegnare le risorse in modo coerente e per definire modalità organizzative e contrattuali stimolanti per tutti”.
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