Il Servizio di emotrasfusioni domiciliari di OSA è attivo da oltre un decennio nel territorio della Asl Roma E. Ogni anno, per 365 giorni all'anno, effettua circa 300 trasfusioni di sangue attraverso un’équipe di 5 medici della Cooperativa, che si alternano per garantire le prestazioni agli assistiti, in particolare agli anziani con insufficienza midollare (cioè in quei casi in cui il midollo osseo non produce abbastanza sangue) e ai pazienti oncologici in fase avanzata, per i quali è necessario intervenire entro poche ore.
Per accedere a questo tipo di prestazioni occorre contattare il Centro di Assistenza Domiciliare (CAD) distrettuale che provvede ad effettuare (sempre tramite la Cooperativa) il prelievo a domicilio e ad inviare alla Centrale operativa di OSA la richiesta di trasfusione.
La dottoressa Elisabetta Chinè è uno dei medici che lavora per il Servizio di emotrasfusioni domiciliari di OSA. Si occupa di visitare i pazienti a domicilio e di monitorarne i parametri vitali durante la trasfusione. La sua storia all'interno della Cooperativa è partita da poco, alla fine di giugno di quest'anno.
Prima di iniziare la sua esperienza in OSA, la dottoressa Chinè, specializzata in anestesia e rianimazione, lavorava a Londra, presso uno dei principali Centri trapianti di fegato del Regno Unito. A seguito della sua gravidanza, la dottoressa ha deciso di rientrare in Italia e, qualche tempo dopo la nascita della sua bambina, ha iniziato a lavorare per il servizio di Emotrasfusione di OSA.
“All'inizio è stata la possibilità di conciliare bene il mio lavoro con le esigenze di mia figlia a convincermi a intraprendere questa strada – racconta la dottoressa Chinè -. Certo la prospettiva di passare dal defibrillatore alle visite a domicilio mi creava qualche perplessità”. Per la dottoressa Chinè il passaggio dalla sala operatoria inglese all'assistenza domiciliare italiana è sembrato in un primo momento un salto nel buio. Le sue remore, però, si sono dissipate dopo poco tempo. A contribuire in maniera determinante al buon esito del cambio di lavoro è stata anche la professionalità di OSA.
“Non mi aspettavo tanta organizzazione e efficienza – sottolinea la dottoressa Chinè – prima di trasferirmi in Inghilterra avevo lavorato per altre realtà italiane e devo dire che la situazione che ho trovato in OSA è ben diversa. Qui vengono curati con grande precisione tutti gli aspetti del mio lavoro, dai turni alla fornitura dell'occorrente per svolgere la mia professione. Il mio giudizio da medico è assolutamente positivo”. Lavorando in OSA la dottoressa Chinè ha sperimentato anche un diverso tipo di rapporto con le persone che ha in cura.
“Andando a casa del paziente ho scoperto una dimensione che prima non conoscevo affatto. Quando lavoravo come anestesista il contatto con il paziente era quasi del tutto assente; nel mio nuovo lavoro, invece, ho la possibilità di stabilire un altro tipo di rapporto con gli assistiti. Quando vado a visitarli posso analizzare con attenzione le loro condizioni di salute, l'efficacia della terapia che ricevono. In questo contesto ho trovato una gratificazione che sinceramente non mi aspettavo”. Ovviamente, lavorando direttamente nella casa del paziente ci si confronta anche con le loro famiglie. Anche questo aspetto ha riservato sorprese positive alla dottoressa.
“In alcuni casi si è creato un grande clima di fiducia con i parenti degli assistiti e credo che questo rappresenti un segnale del fatto che si sta lavorando bene. Spesso quando sono a lavoro capita che un familiare di un paziente mi venga a chiedere un consiglio, non vogliono lasciarsi scappare l'opportunità di consultare un medico quando lo hanno in casa”. Fra gli assistiti della dottoressa Chinè c'è, da otto mesi, la signora Serafina, di 79 anni. Circa una volta a settimana deve sottoporsi a una trasfusione di sangue. Se non fosse per il Servizio di Emotrasfusione, Serafina dovrebbe recarsi all'ospedale per questa procedura.
Grazie a questo servizio, dunque, la signora, che è assistita quotidianamente anche da un'infermiera di OSA, può ricevere le cure di cui ha bisogno direttamente a casa, senza doversi allontanare dai suoi cari. “Credo sia importante per una persona affrontare la malattia circondata il più possibile dall'affetto dei familiari – dice Nicoletta, la figlia della signora Serafina –. Inoltre, con chi la assiste si è creato subito un bellissimo rapporto. Per citare un episodio, quest'anno mia madre è stata costretta a trascorrere il suo compleanno in ospedale perché in quel periodo le sue condizioni erano peggiorate. L'infermiera che la segue a casa è andata a trovarla nella struttura per farle gli auguri. È stato un gesto che lei ha apprezzato tantissimo”.
A settembre le condizioni della signora sono peggiorate a causa di un'infezione. A quel punto il Centro di assistenza domiciliare della Asl ha suggerito alla famiglia di rivolgersi a un hospice per proseguire il percorso assistenziale. “Sicuramente sarebbe stata una soluzione più comoda per tutti noi ma mia madre non è una malata terminale. Per questo motivo abbiamo deciso di continuare con OSA. Ovviamente se il Servizio di emotrasfusioni non fosse stato così efficiente non avremmo potuto fare questa scelta”.