Troppe disuguaglianze in Italia nelle politiche per la non autosufficienza. A segnalarlo sono i giudici della Corte dei Conti nella delibera sull'andamento registrato tra il 2007 e il 2015 del Fondo nazionale per le non autosufficienze (Fna). “Il nostro Paese – si legge nel documento – registra ancora una estrema eterogeneità e disomogeneità nella diffusione dei servizi sul territorio, cui corrisponde una significativa sperequazione della spesa sociale. Basti segnalare i 282 euro pro-capite che vengono spesi nel 2015 nella Provincia autonoma di Trento per far fronte alle specifiche esigenze, contro gli appena 26 euro della Regione Calabria. Più in generale, il Sud spende, in media, poco più di un terzo rispetto al Nord”.
I numeri parlano chiaro: nel corso di questi 8 anni sono stati stanziati oltre 2,3 miliardi di euro (è da escludere però il 2012, anno in cui il Fondo non è stato alimentato) ma secondo la Corte è “assolutamente necessario e urgente che vengano rafforzati tutti quei presidi e meccanismi di governance che siano in grado di realizzare un processo di convergenza o, perlomeno, di riduzione dell’eterogeneità non solo nella spesa, ma anche nei modelli di intervento, improntati ad una concreta e tangibile eliminazione degli squilibri esistenti non solo tra le diverse regioni, ma anche all’interno delle stesse regioni”.
La Corte dei Conti precisa anche che nel 2015, a seguito della Legge di Stabilità, “è stato realizzato il primo passo avanti, necessario al raggiungimento degli obiettivi fissati dal Fna: mediante l’avvio di un percorso di stabilizzazione delle risorse, a decorrere dall’anno in corso, la dotazione finanziaria sarà anche sufficiente per consentire al Ministero di definire i livelli essenziali delle prestazioni per le persone non autosufficienti (Lea). In sostanza, lo stanziamento di bilancio “strutturale” garantirà che il fondo diventi un valido strumento per la realizzazione degli obiettivi prefissati”.
In futuro, per migliorare l'assistenza e le condizioni delle persone con disabilità, sarebbe prioritaria “l'implementazione di strutture operative in grado di offrire una nuova forma di assistenza modulata sulle esigenze delle persone con disabilità (definibile assistenza personale autogestita), che dovrà essere intesa, ovviamente, diversa dall'assistenza domiciliare (quale servizio infermieristico che consegue lo scopo di evitare la congestione degli ospedali), ma anche dalle forme di assistenza dei servizi sociali, in quanto non è più l'ente a dare unilateralmente assistenza, ma questo dovrebbe divenire un servizio offerto su richiesta del disabile stesso e nei termini da lui definiti”.