Google Glass potrebbero rappresentare un aiuto anche per i portatori di handicap. Stiamo parlando degli occhiali hi-tech del colosso di Mountain View, un apparecchio non ancora in commercio ma che promette di essere usato in moltissimi campi diversi. I test, al momento in corso su un campione ristretto di utenti, stanno dimostrando che è possibile interagire con il mondo reale trasferendo in una dimensione digitale quello che passa davanti agli occhi della persona. In altre parole, si tratta di 'catturare' la realtà per renderla visibile sullo schermo di un computer, un tablet o di uno smartphone . Per quanto riguarda i disabili, le prospettive riguardano la possibilità, attraverso app sviluppate appositamente, di comandare, ad esempio, una sedia a rotelle motorizzata o di interagire con una casa equipaggiata secondo i criteri della domotica.Negli Stati Uniti, Google sta portando avanti la sperimentazione del proprio prodotto consentendo a portatori di handicap diversi di mettere alla prova le potenzialità dello strumento. I tester, tra gli altri, sono anche persone con lesioni midollari. Una di loro, Alex Blaszczuk, è una ragazza di 26 anni che nel 2011, in seguito a un incidente stradale, ha perso l’uso delle gambe e parzialmente quello delle braccia. Grazie all’uso degli occhiali di Google, Alex ha potuto riguadagnare, per esempio, l’indipendenza nell’usare i social network per condividere le proprie esperienze quotidiane con amici e parenti.

“Prima di usare questi occhiali – ha raccontato la ragazza a un giornale americano – per telefonare usavo un ‘normale’ auricolare Bluetooth che però cadeva spesso e mi doveva essere applicato ripetutamente da un’altra persona. Adesso, invece, mi basta indossare i Google Glass per poter fare molte cose senza mani, come scattare fotografie o fare una ripresa video, semplicemente ‘chiedendo’ agli occhiali di farlo”. Una tecnologia ancora da affinare, ma dalle indubbie potenzialità. “È vero che la batteria non è eterna e ho comunque bisogno di qualcuno che mi aiuti a ricaricarla ogni quattro o cinque ore, ma sono comunque convinta che tecnologie come questa possano essere molto utili per persone che, come me, hanno perso parte delle proprie capacità fisiche”.

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