Sul numero di novembre di Panorama della Sanità, il presidente Milanese analizza la situazione della Sicilia, che ha avviato come Lombardia e Lazio l’iter per strutturare un sistema di autorizzazione e accreditamento dell’Assistenza Domiciliare Integrata

“Quando, per sottrarmi allo scoramento della lettura dei quotidiani, pesco un libro dal larghissimo cilindro dell’offerta editoriale, puntualmente cado in uno sconforto maggiore. Così è accaduto per l’agile volumetto “Lettera a un giovane medico”, sottointestato “uno sguardo sul futuro della sanità dopo la pandemia da Covid-19”, a firma Andrea Tramarin.

Nell’analisi complessiva, già lucida, un capitolo in particolare mi è sembrato più affilato. E quindi doloroso. Rispetto ai valori di una organizzazione (ideale) che si ispira alla “Governance della sanità”, infatti, l’autore spende argomentazioni difficilmente confutabili. «Dovrebbero essere», spiega, «la centralità del cliente-cittadino, la partecipazione e non la gerarchia e la sottomissione alla politica, l’apertura con gradi variabili al mercato, il conferimento di responsabilità e potere alle componenti del sistema sociale, la concertazione pattizia». Invece, soggiunge mirando alle gambe del problema, «la politica si è impadronita della sanità, la politica penetra gli interstizi, le fessure, le vicende minime della sanità locale. Si ha l’impressione che la politica non abbia più il suo naturale ruolo d’indirizzo e controllo ma che sconfini di continuo nell’amministrazione e nella gestione di faccende locali». Si configura, secondo Tramarin, «un problema di verità», perché «non corre buon sangue tra verità e politica», e «un problema di libertà», la politica condizionando «non solo la sanità ma la pratica stessa della medicina». C’è dell’altro, ovvero un fenomeno che può considerarsi «alla stregua di un rischio»: «quando un politico affida la gestione sulla base di un rapporto fiduciario, c’è il rischio che diventi troppo fiduciario e che aumenti il rischio di corruzione». Il ragionamento dell’autore evolve poi verso una visione possibile del Servizio Sanitario Nazionale: «la sanità del futuro dovrà sviluppare una sanità territoriale, ci vorranno molte risorse e l’assistenza domiciliare sarà imprescindibile»”. È quanto scrive sul numero di novembre di Panorama della Sanità il presidente di OSA e di Confcooperative Sanità Giuseppe Milanese.

“Nel quadro di questa amara riflessione non può sfuggire il lavoro avviato dall’Amministrazione regionale siciliana, anche rispetto al luogocomunismo che affligge l’Isola. Io non rientro certamente tra coloro che derubricano la gran mole di storici problemi della Trinacria al «thraffico», per citare Johnny Stecchino. E tuttavia i cliché si incrinano quando la Sicilia, prima tra le regioni del Mezzogiorno d’Italia, dimostra plasticamente la volontà di emanciparsi da un passato vischioso in favore di uno scarto verso il futuro.

È allora il caso di rilevare il balzo in avanti compiuto sui temi della salute. Penso, particolarmente, ai decreti che avviano l’iter per strutturare un sistema di autorizzazione e accreditamento dell’Assistenza Domiciliare Integrata. Per compiere, dopo la Lombardia e il Lazio, una scelta che è insieme di coraggio e di coerenza”, aggiunge.

Il tema delle cure a casa non è un tema qualunque. Intanto perché la pandemia lo ha strappato alle inascoltate paludi dei dibattiti tra specialisti e lo ha scaraventato nel linguaggio comune e quindi nelle aspettative della pubblica opinione. Poi perché attiene ad un discorso di qualità della salute, vale a dire di risposta adeguata e pertinente a bisogni specifici, finora trinciati genericamente mediante il ricorso all’ospedale.

L’opzione dell’accreditamento introduce un livello ulteriore che è quello della qualità dell’amministrazione della salute: anzitutto in controtendenza con il passato, poi in linea con le più avanzate democrazie occidentali. Appunto dimostrando il coraggio di rompere con prassi consolidate, sostanzialmente comode per i gestori della cosa pubblica i quali, attraverso il sistema degli appalti o degli affidamenti diretti, potevano fare il bello e il cattivo tempo, ovvero governare il consenso e, nei casi limite, intercettare i flussi di denaro. E praticando la coerenza di intersecarsi con i sistemi sanitari virtuosi ed evoluti. La Regione Sicilia, al di là degli annali ma anche dei luoghi comuni che l’hanno insozzata, afferma insieme un principio di legalità e uno di attenzione nei confronti delle fasce più deboli della propria società”.

“Anche a costo di apparire ripetitivo, è il caso di distillare alcuni tra i contenuti più significativi rispetto al processo di accreditamento. Una volta a regime si otterrà una omogeneità del servizio di assistenza, fin qui declinato in modi diversi finanche a seconda delle aziende sanitarie di una medesima regione. Si restituirà ai cittadini una serie di diritti quali la maggiore accessibilità e qualità del servizio e la possibilità di scegliere liberamente tra gli erogatori, così alimentando un sano regime di concorrenza.  La Sicilia si prepara nel modo più opportuno ad accogliere la spinta riformatrice e i relativi fondi provenienti dal PNRR e, nondimeno, a conformarsi a una stagione che ribalterà di paradigmi dell’assistenza, come prefigurerebbe il documento elaborato dalla Commissione Paglia. L’auspicio è che anche il resto di Italia proceda, magari come chi sa e non come chi deve”, conclude Milanese.

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