Cala la spesa pubblica e sale quella privata e, per questo, sempre più italiani rinunciano a curarsi. Secondo i dati contenuti nell'ultimo Rapporto Oasi, diffuso dall'Università Bocconi, ormai al Sud si vive tre anni in meno rispetto al Nord. E allora solo un modello low profit e cooperativo è in grado di garantire una sanità non selettiva. Sono i temi affrontati nel Bookazine di Vita “La sanità non è uguale per tutti”, in distribuzione in questi giorni. Tre capitoli in cui si fa il punto sul ruolo del non profit, sull'universalismo possibile delle cure e soprattutto si traccia un nuovo modello capace di invertire la rotta e di rispondere realmente ai bisogni dei cittadini.
Tra gli esperti del settore che hanno portato il loro contributo in questo numero c'è anche il presidente di FederazioneSanità e di OSA, Giuseppe Milanese.
“Occorre smettere di parlare solo di spesa sanitaria e incominciare ad analizzare come sono impiegate le risorse – sottolinea il presidente Milanese nel capitolo 1 del magazine – nel 2015 l'Italia per la prima volta ha raggiunto un equilibrio di bilancio e un avanzo di 346 milioni, pari allo 0,3% delle risorse correnti”. E da qui bisogna ripartire per progettare “un nuovo sistema”.
Un nuovo format di assistenza che tenga conto, tra gli altri aspetti, dell'invecchiamento della popolazione e dell'aumento delle malattie croniche. In questo scenario, un ruolo importante è rivestito dall'assistenza domiciliare integrata (Adi).
“Sull'assistenza domiciliare integrata – nota ancora Milanese – manca una strategia nazionale, ogni centrale di spesa territoriale applica regole e criteri qualitativi propri. L'obiettivo è arrivare a una continuità con le cure ospedaliere per ottenere qualità e minore spesa, sulla scia di quanto avviene in altri Paesi come Canada e Olanda”.