“Ho cominciato, fresca di laurea in scienze infermieristiche, negli ambulatori e nei reparti dell’Ospedale Sant’Andrea e oggi dopo vent’anni divido le mie giornate in OSA tra il progetto di medicina territoriale Nontiscordardimé e le unità di crisi per l’emergenza Covid-19”. Sono le parole con cui Cristina Pagano, infermiera OSA, sintetizza una vita spesa con la Cooperativa ad assistere persone malate o in difficoltà, sempre in prima linea e nelle situazioni più difficili.
Cristina è una donna positiva e sensibile, una professionista apprezzata dai colleghi e dagli assistiti, con una passione per il proprio lavoro che però non le ha impedito di metter su famiglia, dedicandosi a tre figli: Leonardo, Filippo e Chiara, rispettivamente di 16, 12 e 9 anni. Con una consapevolezza che le proviene dall’aver frequentato a lungo contesti di cura difficili, racconta come sia sempre possibile una rinascita e come a conti fatti prima o poi la vita inaspettatamente riesca a restituirti tutto quello che hai saputo donare.
“Ho prestato servizio al Sant’Andrea dal 2001 al 2018, prima all’ambulatorio di Neurologia, dove svolgevo anche funzioni organizzative, poi nel reparto di Chirurgia toracica ed infine, gli ultimi sei anni, in quello di Ematologia oncologica”, ricorda Cristina. “Sono stati anni importanti per me in cui sono cresciuta come persona e come infermiera, seguendo casi spesso drammatici e coinvolgenti. Soprattutto con i pazienti oncologici è stata dura perché spesso si tratta di persone tutto sommato giovani, che potrebbero vivere ancora a lungo e a cui queste patologie non danno scampo”.
Inaspettatamente nel 2017 Cristina comincia a sentirsi poco bene. Spossatezza e stanchezza non giustificati, febbre che si protrae per giorni e giorni, dolori continui alla schiena e alle articolazioni. I medici e i colleghi preoccupati la ricoverano per accertamenti. Cristina è angosciata, le sue certezze di operatrice sanitaria vacillano. In un primo tempo, infatti, si pensa ad un tumore in metastasi, poi dopo analisi diagnostiche più approfondite si capisce che si tratta di una malattia autoimmune. Una Artrite psoriàsica che le ha aggredito le articolazioni. “Quell’anno per me è stato durissimo, anche perché oltre alla malattia ho dovuto stare accanto a mia madre che è stata colpita da un ictus ed in poco tempo è venuta a mancare. In quei giorni cruciali per la mia vita, che ricordo ancora con angoscia, oltre all’affetto e alle premure della mia famiglia ho potuto contare sul sostegno forte anche da parte della Cooperativa”.
Proprio in quei giorni OSA si apprestava a dare nuova linfa a ‘Nontiscordardimé’, il progetto di prevenzione ed assistenza sanitaria rivolto alle fasce più fragili della popolazione di Roma, bambini ed anziani, realizzato nei quartieri periferici della Capitale in collaborazione con l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, il Policlinico Gemelli, l'Università Cattolica del Sacro Cuore ed il Vicariato. Nel nuovo ambulatorio mobile ‘Senior’ allestito per le visite mediche agli anziani occorreva un’infermiera di provata esperienza da affiancare ai medici geriatri del Gemelli. Così dal mese di maggio 2018 Cristina dedica cure, attenzioni e sostegno a quegli invisibili che, sempre più numerosi, faticano a ricevere assistenza da parte dei servizi territoriali del nostro sistema sanitario.
“In un momento particolare di difficoltà la Cooperativa mi è stata vicina. Mi ha tutelata consentendomi di esprimere pienamente la mia professionalità e di essere comunque d’aiuto. L’impegno e la disponibilità che ho dimostrato negli anni precedenti”, conclude, “mi sono stati restituiti, offrendomi l’opportunità di reinventarmi professionalmente e umanamente”.
Dai primi giorni del mese di marzo 2020 le visite a bordo del camper Nontiscordadimé Senior sono sospese in attesa che la situazione epidemiologica del Paese migliori. Cristina non si è tirata indietro di fronte alla emergenza Covid-19, e partecipa con OSA anche alle attività di sorveglianza svolte in tutto il territorio regionale dalle USCAR, le Unità Speciali di Continuità Assistenziale, coordinate dall'Istituto Spallanzani che intervengono quando vengono segnalati pazienti Covid dai medici di base o insorgono focolai d’infezione, tracciando l’andamento del contagio attraverso tamponi e test sierologici.
“Nel mese di aprile scorso quando la Cooperativa OSA ha contribuito con proprio personale infermieristico alla costituzione di queste squadre di pronto soccorso con l’obiettivo di monitorare gli ospiti delle case di riposo e le persone non autosufficienti, l’atmosfera era veramente pesante e si toccava con mano lo smarrimento delle persone di fronte all’eccezionalità della situazione. Nelle prime settimane abbiamo lavorato in un contesto emergenziale in cui la gravità della situazione ci obbligava ad adattare, sperimentandole di giorno in giorno sul campo, sempre nuove modalità operative, per cui anche il più semplice intervento, come un’anamnesi o un’analisi del sangue, si complicava oltremodo per garantire sicurezza agli assistiti e agli operatori. Non è per niente semplice”, conclude sdrammatizzando con una battuta l’infermiera OSA, “raggiungere con successo la vena di una paziente per un prelievo, indossando tre guanti, bardata come fossi una astronauta”.