Avevamo parlato con Padre Charly all’indomani dell’elezione di Papa Francesco, per toccare con mano la gioia dei barrios argentini per la nomina del “loro” Pontefice. Prima dell’estate, il giovane sacerdote, che porta avanti il progetto Mamà Osa nella Villa 21 di Buenos Aires, aveva anticipato proprio su queste pagine la nascita di un nuovo centro di recupero per madri tossicodipendenti. L’azienda agricola “Madre Teresa”, progettata e costruita con il sostegno di OSA, fornirà un tetto e un lavoro a queste donne.
A sei mesi di distanza, Padre Charly torna ad aggiornarci sullo stato dei lavori, che procedono spediti proprio grazie all’impegno e alla dedizione di chi prova, ogni giorno, a fuggire dall’inferno della droga.
Padre Charly, a che punto è la costruzione della nuova struttura?
“È prevista la realizzazione di quattro nuclei abitativi a General Rodriguez (provincia di Buenos Aires, ndr). Il primo nucleo di due case è quasi terminato. Avremmo potuto fare le cose più rapidamente, ma abbiamo preferito che i costruttori fossero giovani e adulti dipendenti da paco, in riabilitazione. L’inserimento lavorativo di persone che da tempo vivono per strada è molto difficile”.
Quante persone potrà accogliere la struttura?
“La capacità di accoglienza delle case dipende dalle esigenze del momento. Se le ragazze non hanno figli, la fattoria può accoglierne quattro in ogni casa per un totale di 32 ragazze nelle otto case disponibili. Se, invece, si tratta di madri con bambini, le case potrebbero ospitare 16 ragazze e 32 bambini”.
Conoscete già le prime ospiti?
“Le ragazze provengono da tutti i quartieri in cui lavora l’Hogar de Cristo: Villa 21-24, Zavaleta 1-11-14, 31 e 31 bis, incluse le ragazze dei centri che abbiamo recentemente aperto in Villa la Cárcova, Villa Independencia, Villa Puerta de Hierro e quelle che vivono nelle strade circostanti Piazza Constituciòn. Finalmente avranno qualcuno che si occupa di loro”.
Perché finalmente?
“L’attuale esperienza a fianco delle ragazze con problemi di dipendenza ci ha mostrato la completa assenza di misure assistenziali rivolte alle madri tossicodipendenti. Sono numerose le comunità terapeutiche e i centri di assistenza, come la Sedronar (Secretaría de programación para la prevención de la drogadicción y la lucha contra el narcotráfico, l’organismo responsabile di coordinare le politiche nazionali di lotta contro le droghe e le dipendenze, ndr), il coordinamento per le dipendenze del Gacba o l’Ospedale Nazionale delle dipendenze Cenareso, ma nessuna di queste strutture accoglie donne incinte o con bambini. Ne consegue che le donne sole, che non hanno a chi affidare temporaneamente i propri figli o le madri che temono l’allontanamento forzato dei propri bambini, non possono rivolgersi a questi centri”.
Insomma, prima della costruzione dell’azienda agricola queste donne erano completamente sole.
“Si. Adesso, grazie ad una convenzione con l’Ospedale Materno Infantile Ramon Sardà, riusciamo ad accogliere donne incinte o con bambini in una piccola casa di emergenza e facilitare loro l’accesso a cure sanitarie adeguate. Bisogna ricordare, infatti, che a causa delle loro condizioni fisiche di abbandono e trascuratezza e ad atteggiamenti violenti propri di chi consuma paco, le ragazze non vengono accettate negli ospedali, nonostante il loro legittimo diritto alla salute. Inoltre, sono molte le difficoltà che queste incontrano nel gestire gli aspetti burocratici necessari all’accesso in un ospedale. Comprendendo queste difficoltà, l’Ospedale Sardà ha stipulato un accordo con il nostro Hogar de Cristo, impegnandosi a prendersi cura delle ragazze e permettere loro, ad esempio, di fare le analisi del sangue o i controlli per la gravidanza”.
Come vi state preparando per rispondere ai bisogni specifici delle donne che vi proponete di aiutare?
“Le ragazze che intraprendono la strada della riabilitazione hanno bisogno di un luogo sano e sicuro dove poter vivere e sentirsi accolte in questo difficile momento. L’azienda agricola per donne “Madre Teresa” risponde, proprio a questa necessità. Per quanto riguarda le esigenze terapeutiche, invece, abbiamo stipulato un accordo con la Cenareso, in modo che l'Ospedale per le dipendenze, insieme alla coordinatrice terapeutica del Hogar de Cristo, la dottoressa Silvina Peluso, si occupi dell’accompagnamento professionale delle madri. La nostra assistente sociale si sta impegnando nel creare una rete di inclusione scolastica per i figli delle donne ospiti della casa”.
Avete pensato proprio a tutto.
“Non è ancora abbastanza, però. Per questo abbiamo stipulato un accordo economico con il Ministero dello Sviluppo sociale del Governo della città di Buenos Aires che ci permetterà di potenziare, nel 2014, i servizi forniti dal nostro Centro di quartiere, in modo da avere più risorse da dedicare al sostegno economico dell’azienda agricola”.
Papa Francesco è a conoscenza del vostro lavoro e della speranza che ponete nella nuova struttura?
“Il Pontefice conosce i problemi e le condizioni in cui versano i minori del Hogar de Cristo. Padre Pepe di Paola e Guillermo Torre lo hanno incontrato poco tempo fa e molti volontari della casa gli hanno parlato dei progetti a cui stiamo lavorando, compresa la fattoria per le donne. Padre Pepe ha consegnato al Papa il libro Cuerpo a Cuerpo che racconta questi progetti e che presenteremo a dicembre in una nuova “Giornata per la sfida al paco”. Papa Francesco ci ha risposto con una toccante lettera di appoggio che leggeremo in quella occasione”.