Un 'esercito' di oltre un milione e mezzo di persone. È il risultato dell’ultima ricerca realizzata da Censis Ismu, che ha messo in luce un aumento di badanti nel nostro Paese pari al 53 per cento negli ultimi dieci anni (oggi sono 1 milione e 655 mila). Secondo le stime, il numero è destinato ad aumentare e, nei prossimi 20 anni, sfonderà quota due milioni. Sono prevalentemente stranieri (77,3 per cento), donne (quattro su cinque), tra i 36 e 50 anni (56 per cento), che hanno comportato una spesa media di 667 euro al mese.

Meno di una famiglia su tre, tuttavia, riesce a ricevere contributi pubblici ed è quindi costretta a fare affidamento solo sulle proprie possibilità economiche. In un momento di crisi come quello attuale, la maggioranza degli italiani è stata quindi costretta a correre ai ripari, riducendo i propri consumi, mettendo mano ai risparmi o arrivando a addirittura a indebitarsi (il 2,8 per cento) pur di mantenere la collaborazione e assicurare l’assistenza ai propri familiari. 

Un ritmo di crescita insostenibile per larga parte delle famiglie, che hanno espresso un generale pessimismo sulle reali capacità di sostenere il servizio nei prossimi 5 anni. E proprio di questo tema si è discusso ampiamente anche all’assemblea annuale di FederazioneSanità Confcooperative, svoltasi nell’ambito del Sanit 2013. Un’occasione che ha visto l’arrivo di una soluzione sostenibile, grazie alla presentazione delle proposte del presidente Giuseppe Milanese.

Un programma in vari punti, che punta a costituire una rete di cooperazione su tutto il territorio per garantire servizi a chi attualmente si affida al badantato per la cura dei propri cari. Incentivi allo sviluppo dell’assistenza domiciliare integrata, accreditamento, il ruolo dei medici di famiglia e la mutualità integrativa. Questi i punti chiave del modello, studiato proprio per evitare che le famiglie che non sappiano a chi rivolgersi rinuncino alle prestazioni socio sanitarie o siano costrette a sempre maggiori sacrifici economici. 

Da non sottovalutare, infine, il fattore professionalità. Secondo il Censis, infatti, solo il 14,3 per cento dei collaboratori ha seguito un percorso formativo specifico, nonostante il 60 per cento di essi si occupi dell'assistenza di una persona anziana. La formazione degli operatori è un altro dei punti cardine della proposta di FederazioneSanità Confcooperative, con il presidente Milanese che ha anche sottolineato la necessità di un processo di valutazione dei servizi da parte degli utenti, sulla falsariga di quanto già in atto in altre realtà internazionali, come Regno Unito e Stati Uniti.  

Share This