Il nuovo articolo del presidente di OSA e di Confcooperative Sanità, Giuseppe Milanese, sul mensile Panorama della Sanità
Diversi soggetti a vario titolo coinvolti nell’assistenza primaria paventano che la crisi del mercato immobiliare abbia colpito anche «la casa come primo luogo di cura», ovvero il core della Legge Delega per la non autosufficienza; che la riforma sia nata monca o sia stata soppressa già ai primi vagiti. Pur comprendendo tali istanze, Confcooperative Sanità preferisce essere tra coloro che invece pensano che quella casa sia in via di allestimento, che vi scarseggino le finiture, che sia priva di porte e finestre e che certamente manchi il personale che dovrà governarne la quotidianità.
Viviamo in un’epoca segnata da cambiamenti demografici e socioeconomici profondi, la realtà ci interpella a rinnovare le nostre strutture di assistenza e supporto. Alcuni dati esigono una risposta: già oggi due milioni di anziani italiani vivono in condizioni di isolamento. Proiezioni dell’Istat indicano che nel 2050, con una popolazione di 54,4 milioni di persone, uno su dieci non sarà autosufficiente.
È allora difficile immaginare di affrontare uno scenario tanto allarmante nelle condizioni in cui già oggi arranchiamo, ovvero senza la strutturazione di una rete ospedaliera che prenda in carico le acuzie e senza aver preventivamente programmato il rafforzamento delle filiere assistenziali per le cronicità. C’è di più: il riconoscimento del ruolo al Terzo Settore, finalmente indiscusso, deve essere sostanziato da una complementarità effettiva, nei fatti.
Anche qui i dati vengono in soccorso. Il tessuto della cooperazione sanitaria in Italia è da oltre tre decenni un pilastro del nostro sistema di welfare, garantendo quotidianamente assistenza alle persone più fragili e vulnerabili in una logica non profit degli interventi e della presa in carico dei bisogni. Su oltre 23mila imprese attive in Italia nel 2022 nel settore della sanità privata, un terzo è organizzato in forma cooperativa, impiegando oltre 327mila operatori, che rappresentano quasi il 60%. Si evidenzia anche come la cooperazione sia leader nei servizi domiciliari e semiresidenziali (detiene l’87,5% dell’attività in questo comparto) e genera il 31,8% del fatturato totale del settore, pari a 12,7 miliardi di euro, con un’importante presenza in Comuni di aree interne, gestendo la presa in carico degli utenti in territori marginali e periferici.
Siamo, comunque, fiduciosi, nel senso che confidiamo nei primi dati di realtà: lo scorso 15 marzo l’approvazione dei decreti legislativi ha reso la riforma per l’assistenza agli anziani un fatto concreto: l’anziano, dopo decenni di emarginazione normativa ma anche culturale, viene rimesso al centro della società, torna ad essere prezioso in quanto portatore di esperienza e saggezza. Non si tratta di una svolta di poco conto, ma di una revisione radicale del nostro assetto sociale, ormai fondato sulla cosiddetta «crescita zero», come attestato dai più recenti dati statistici. Va da sé, allora, che un Paese di anziani deve organizzarsi in un Paese per anziani e la legge, così come l’orientamento di Governo e Parlamento, muove proprio in questa direzione. Vale a dire che, a fronte di un alto grado di longevità e di un parallelo grado di fragilità, fa corrispondere un modello di assistenza nel luogo che meglio garantisce serenità e sicurezza ai nostri vecchi, e cioè la loro casa.
Certamente l’attuale stato delle cose è ancora un po’ più di una speranza e un po’ meno di una prassi: mancano i decreti attuativi che dovranno rendere operativo il buon modello prefigurato, manca un adeguato capitolo di risorse finanziarie che dovrà coprire gli investimenti nel breve, medio e lungo periodo, manca infine chiarezza definitiva rispetto alla destinazione di quegli investimenti. In particolare, la cooperazione del settore chiede a gran voce che i soldi siano indirizzati a incentivare la figura dell’operatore sociosanitario con formazione complementare (OSS-FC), professionista che potrebbe affiancare, in posizione subordinata, medici e infermieri nella cura a domicilio dei pazienti e senza cui non si potranno offrire adeguate e tempestive risposte agli urgenti bisogni assistenziali. Ciò, nel quadro di un piano nazionale di formazione omogenea e specifica, dell’adeguamento delle tariffe, dell’implementazione della teleassistenza, fattori cruciali per il raggiungimento degli obiettivi posti dal PNRR.
C’è spazio, in una fase transitoria, per una sperimentazione, comportandosi come il buon padre di famiglia che fa la spesa coi soldi a disposizione, come spiega saggiamente da qualche mese Sua Eccellenza Mons. Vincenzo Paglia. Intanto, però partiamo, forti anche della fiducia e della lungimiranza che abbiamo riscontrato nelle interlocuzioni – finora sempre positive – con le figure istituzionali interessate, in particolare con la Vice Ministro Maria Teresa Bellucci e il Presidente della Commissione Sanità al Senato Francesco Zaffini.
Quindi, pre-occupazione piuttosto che preoccupazione: Confcooperative Sanità è pronta a fare la propria parte, a occupare il ruolo sussidiario assegnato al Terzo Settore dalla Carta Costituzionale, a occuparsi delle persone che vivono difficoltà sociali e di salute, a riempire ancora una volta di umanità il senso del proprio lavoro.