Temperamento volitivo e positivo e un’inesauribile voglia di fare. È questo il ritratto, in sintesi, di Grazia De Luca, assistente sociale di lunga e grande esperienza.

 

Da oltre vent’anni si prende cura di persone che soffrono di disagio psichico nella Comunità Riabilitativa Assistenziale Psichiatrica (CRAP) San Cristofaro, gestita da OSA dal 2000 a San Nicandro Garganico, in provincia di Foggia.

 

“Per me lavorare nella trincea della salute mentale è una vocazione” – racconta Grazia – “Gran parte del mio lavoro in comunità si concentra in attività di ascolto, compagnia e accompagnamento. Con il tempo e il lavoro sul campo, ho capito quanto sia importante associare alle terapie mirate una cura sempre più umanizzata. Queste persone hanno vissuto nella paura e nell’isolamento a lungo; sono state vittime di pregiudizi e incomprensioni. Ora hanno bisogno, innanzitutto, di parlare, di essere ascoltate, di condividere emozioni ed esperienze, sviluppando una relazione paritaria con l’interlocutore. Stare loro vicino, anche nelle circostanze che possono sembrare più banali, come andare a fare una passeggiata e guardare le vetrine di un negozio oppure preparare insieme il sugo per il pranzo, accresce la loro stima e li aiuta a sentirsi normali. Per fare un esempio, qualche giorno fa un’ospite mi ha chiesto di accompagnarla dal parrucchiere. Abbiamo trascorso del tempo insieme e abbiamo chiacchierato proprio come fanno due amiche”.

 

È proprio questa la normalità di cui gli ospiti della CRAP San Cristofaro hanno bisogno, in particolare in questo complesso periodo. “Nonostante l’emergenza sanitaria di questi mesi la vita in comunità non ha subito grandi ‘scossoni’. Le misure di protezione e le procedure di gestione del rischio adottate da OSA in tutti i contesti operativi hanno permesso agli ospiti di continuare a svolgere le consuete attività in piena sicurezza”, rassicura l’assistente sociale.

 

I 13 ospiti, tra uomini e donne attualmente presenti, sono infatti occupati in numerose attività riabilitative, psico-terapeutiche, ludico-espressive e di socializzazione. Seguendo un preciso programma terapeutico individuale, l’obiettivo è quello di restituire ai pazienti una propria dignità e aiutarli a condurre una vita normale in piena autonomia”. Tra queste la pulizia personale, il riordino delle stanze, la lavanderia, la preparazione in comune dei pasti, attività specifiche di socializzazione, i trattamenti farmacologici o psicoterapeutici, che possono essere comuni o individuali come le sedute con lo psicologo.

 

“Con gli ospiti” – ci spiega Grazia – “guardiamo insieme il telegiornale così che tutti siano aggiornati della situazione attuale. Con esempi pratici, spieghiamo loro la necessità di dover compiere piccoli sacrifici per evitare il contagio, come indossare la mascherina, lavarsi le mani frequentemente, non avvicinarsi a luoghi troppo frequentati e muoversi dentro e fuori la struttura sempre in piccoli gruppi. Fortunatamente hanno reagito abbastanza bene di fronte a questi significativi cambiamenti”.

 

In una comunità terapeutica sono molteplici le figure professionali, sanitarie e assistenziali che intervengono per rispondere a ogni bisogno degli ospiti. “È stato fondamentale il lavoro di squadra per affrontare questo momento” – prosegue Grazia.
Un altro fondamentale ruolo svolto dagli operatori OSA nella CRAP riguarda il rapporto con i familiari dei pazienti. Un aspetto delicato perché spesso il ricovero in comunità dell’assistito dipende proprio dalla necessità di doverlo allontanare dal proprio contesto di vita per mettere in atto cure appropriate in un luogo protetto. In famiglia si creano situazioni conflittuali e traumatiche e l’intervento dell’assistente sociale deve saper mediare anche in questo contesto.

 

“Bisogna stare vicini anche ai parenti dei nostri ospiti” – conclude Grazia – “Non dobbiamo dimenticare che i familiari vivono una situazione di forte difficoltà per aver condiviso a lungo il disagio mentale dei propri cari. Il nostro compito è sostenerli, mantenendo vivo il legame tra famiglia e assistito perché questo aiuta comunque a stabilizzare il complicato cammino verso la guarigione”.

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