Creare nanomolecole da convertire in farmaci capaci di fronteggiare le cause dell’Alzheimer e del Parkinson, costituisce l’ultima frontiera della ricerca in campo bio-medico, che intende allargare il proprio campo di azione anche alle malattie ancora prive di cura, che interessano il cuore, il rene, il fegato.
Queste particelle di grandezza infinitesimale avranno il compito di lottare contro le amiloidosi, un gruppo di malattie rare causate dall'accumulo di proteine prodotte dal nostro organismo che si depositano negli organi vitali sotto forma di piccole fibre e li danneggiano.
Ad accettare la sfida di disegnare, realizzare, testare e brevettare queste nanomolecole è stata Amypopharma, spin-off dell'università degli Studi di Milano-Bicocca, che ha incassato un investimento di 700 mila euro da BiovelocIta, il primo acceleratore italiano dedicato alle imprese del “red biotech”, le biotecnologie per la salute.
Amypopharma è stata fondata nel 2015 da Massimo Masserini e Francesca Re della Bicocca. Un gruppo di scienziati con alle spalle una storia che comincia nel 2009 con il progetto Nad, focalizzato sull'Alzheimer. Nei primi anni di attività sono stati individuati nuovi nanodispositivi utili nella diagnosi e nella terapia della malattia di Alzheimer. “L'idea che abbiamo portato avanti è stata quella di maggior successo”, racconta ad AdnKronos Masserini, ordinario di Biochimica e direttore del Centro di nanomedicina dell'Università di Milano-Bicocca, membro del Cda di Amypopharma. “Abbiamo sviluppato delle nanoparticelle che abbiamo chiamato Amyposomes”, continua. Sono nanoliposomi funzionalizzati che presentano in superficie due “ligandi”, strutture che funzionano come chiavi: una “apre la porta” del cervello perché “permette ai liposomi di passare la barriera emato-encefalica” che lo protegge, l'altra “aggancia il bersaglio”, ossia “colpisce il deposito amiloide. Poiché questi aggregati sono formati da tante copie della stressa proteina, che presa singolarmente è solubile e innocua, ma appiccicata in serie forma accumuli insolubili e tossici”, ricorda lo scienziato, “il liposoma è disegnato per mettersi in mezzo e sciogliere i legami tra le proteine della placca, che così ritornano solubili e vengono allontanate fisiologicamente“.
Con il nuovo finanziamento gli scienziati hanno in progetto di sviluppare altri nanoliposomi mirati, progettati e fabbricati ad hoc per sciogliere i depositi all'origine delle diverse amiloidosi, a cominciare dalle forme più comuni.
Secondo il percorso stabilito dallo spin-off: “Entro la primavera 2020 contiamo di avere un quadro completo di tutto l'arsenale di liposomi con i quali possiamo colpire le amiloidosi, compreso l'Alzheimer. Se riusciamo a sviluppare farmaci efficaci contro altre amiloidosi”, spera Masserini, “la cosa dovrebbe tranquillizzare il mercato anche sull'Alzheimer e a questo punto, grazie alla rete di contatti che BiovelocIta ha con grandi investitori, potremmo reperire nuove risorse per passare alla sperimentazione clinica”.