Una gamba “bionica” in grado di muoversi in maniera molto simile a un arto naturale utilizzando gli impulsi del cervello. È questo l’obiettivo che è stato raggiunto dai ricercatori del Rehabilitation Institute of Chicago (Ric) e che è stato reso pubblico attraverso un articolo apparso la settimana scorsa New England Journal of Medicine. L’apparecchio è il risultato finale di un lavoro di ricerca e sviluppo durato quattro anni nei quali gli ingegneri hanno ottimizzato il progetto.

La persona scelta per l’esperimento si chiama Zac Vawter, un ragazzo di 32 anni al quale è stata amputatala gamba destra sotto al ginocchio in seguito a un incidente motociclistico nel 2009. Durante un’intervista alla televisione americana Cbs, Vawter ha affermato che i movimenti della gamba artificiale sono precisi e il suo uso è intuitivo. Lo stesso Vawter, nello scorso novembre, aveva sperimentato un modello ancora piuttosto rudimentale di protesi grazie alla quale era riuscito comunque a scalare i 103 piani della Willis Tower di Chicago.

La nuova versione dell’apparecchio è diversa per quanto riguarda l’hardware ma soprattutto dal punto di vista del software. “Lo sviluppo di questo progetto – ha dichiarato alla Nbc Levi Hargrove, che ha guidato il team di ricercatori, ha dovuto superare molte difficoltà. La messa a punto di una gamba bionica, rispetto a unaprotesi di braccio, è molto più critica perché c’è bisogno di motori più potenti che devono comunque rimanere piccoli leggeri. Inoltre non ci si può concedere margine d’errore nella programmazione dellamacchina, perché una caduta potrebbe avere gravi conseguenze, in persone che vivono già una situazione di handicap”.

La protesi è stata collegata al cervello di Zac Vawter attraverso dei sensori connessi ai muscoli ancora presenti nella gamba. Quando questi ricevono l’impulso di muoversi, il messaggio viene trasferito al computer installato nel nuovo arto che a sua volta comunica al ginocchio e alla caviglia motorizzati se flettersi o allungarsi.

Il progetto è stato finanziato dall’esercito degli Stati Uniti con otto milioni di dollari. Le forze armate hanno fornito questo sostegno con la convinzione che, grazie a futuri sviluppi, la protesi potrebbe essere utile, solo negli Usa, a circa un milione di persone che ha subito l’amputazione delle gambe, compresi i militari che sono stati feriti in missione. Altri otto milioni sono stati forniti dall’Università Vanderbilt University dal Massachusetts Institute of Technology, dall’Università del Rhode Island e da quella di New Brunswick.

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