Il diabete di tipo 2 compromette la memoria e la capacità di apprendimento. Lo dimostra uno studio condotto dai ricercatori dell'Harvard Medical School di Boston pubblicato sulla rivista Neurology.

La malattia, infatti, oltre a provocare insufficienza renale, disturbi cardiovascolari e danni retinici, produrrebbe alterazioni di tipo cognitivo a causa della cattiva regolazione del flusso sanguigno in alcune aree del cervello

“Normalmente il flusso sanguigno cerebrale viene regolato in modo tale che la quantità di sangue e, quindi, di ossigeno, aumenti nelle aree che sono attivate, in un particolare momento, per svolgere determinate funzioni – spiega Vera Novak, coordinatrice della ricerca –. Le persone con diabete di tipo 2 presentano un’alterata regolazione di questo flusso. E i risultati del nostro studio dimostrano che il diabete e gli elevati livelli di glucosio nel sangue comportano effetti cronici negativi sulle abilità cognitive e sulle capacità di prendere decisioni”.

 

 

I ricercatori hanno selezionato quaranta persone con un’età media di 66 anni, 19 con diabete di secondo tipo (in cura da almeno 13 anni) e 21 senza malattia. Tutte sono state sottoposte, all’inizio dello studio e dopo due anni, a test cognitivi e per la memoria, risonanze magnetiche per valutare il volume cerebrale e il flusso sanguigno e ad esami di sangue per misurare la glicemia e i livelli di infiammazione.

 

 

Dopo due anni, gli scienziati hanno scoperto che le persone diabetiche mostravano un deficit dei meccanismi che regolano il flusso e un declino della memoria e delle capacità cognitive. Oltretutto, chi inizialmente presentava minori capacità di regolazione, mostrava maggiori difficoltà nell'affrontare semplici attività quotidiane come cucinare o farsi una doccia. I problemi del flusso cerebrale risultavano più gravi nei pazienti con maggiori livelli di infiammazione, anche quando glicemia e pressione arteriosa erano sotto controllo. “Il monitoraggio della regolazione del flusso sanguigno nel cervello – ha precisato Novak – può quindi diventare un elemento predittivo di un accelerato processo di decadimento delle funzioni cognitive nei malati”.

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