Il presidente di OSA e di Confcooperative Sanità: “Per un’assistenza domiciliare che sia in grado di prendersi cura di 1 milione di utenti over 65 in più per 15-20 ore al mese, la strada da fare è ancora lunga perché di presa in carico reale non se ne parla”

Per un Paese più bello” e “per un’assistenza domiciliare che sia in grado di prendersi cura di 1 milione di utenti over 65 in più per 15-20 ore al mese” “la strada da fare è ancora lunga perché di presa in carico non se ne parla”. Lo ha detto Giuseppe Milanese, presidente di OSA e di Confcooperative Sanità, intervenendo questa mattina durante la prima giornata di lavori di “Long-Term Care SEVEN. Gli Stati Generali dell’Assistenza a Lungo Termine”, la due giorni organizzata a Roma da Italia Longeva. “Bisogna innanzitutto recuperare una visione sussidiaria: lo Stato ci deve dire se voglia essere un erogatore o quello che programma e controlla con una serie di soggetti accreditati misurati dai cittadini per qualità e competenza e dallo Stato in termini di efficienza e di efficacia. Quindi se c’è un’applicazione reale delle regole sugli accreditamenti, bisogna rendere disponibili risorse professionali nuove e formate allo scopo, perché assistere le persone a casa non è come farlo in ospedale o in residenza. In merito alla stratificazione dei pazienti, il PNRR prevede che il 60% degli utenti abbia 12 accessi l’anno, il 20% 36 l’anno e soltanto il 10% e il 4% abbiano una reale presa in carico. Quindi attenzione: per chi stiamo prevedendo questi interventi con la carenza di personale che tutti sappiamo? Servono oltre 100mila operatori in più. La soluzione è l’operatore socio sanitario specializzato, una figura già prevista dal 2003 dal nostro ordinamento che garantirebbe un’integrazione dei servizi socio-sanitari e darebbe un’opportunità di lavoro a tanti giovani. Con questi accorgimenti, potremmo vivere in futuro in un Paese più uguale da nord a sud e quindi più bello”.

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