Il presidente di OSA e di Confcooperative Sanità, Giuseppe Milanese, è intervenuto oggi a Matera al prestigioso evento “From Data to Value” organizzato da Ernst&Young per discutere delle strategie future del Paese

Il presidente di OSA e di Confcooperative Sanità, Giuseppe Milanese, è intervenuto questa mattina a Matera all’incontro organizzato da Ernst&Young intitolato “From Data to Value”, quarto appuntamento introduttivo dell’EY Digital Summit, la tre giorni prevista dal 5 al 7 ottobre per immaginare le strategie dell’Italia futura. Un evento di assoluto prestigio quello a cui è stato invitato a partecipare il presidente Milanese che si è confrontato con autorevoli esponenti del mondo istituzionale, accademico ed economico sulle aspettative, i benefici e le sfide che attendono l’Italia nei prossimi anni, anche alla luce dello sviluppo legato alle nuove tecnologie. Tra queste, la cronicità resta un tema cogente su cui sono necessarie delle riflessioni immediate.

“Già nel ’78 l’Oms ci aveva messo in guardia sull’importanza dell’assistenza primaria, cioè su tutto quello che esiste fuori dall’ospedale. Oggi abbiamo 14 milioni di italiani con problematiche legate alla cronicità e di questi un terzo è sotto i 65 anni. Con la pandemia abbiamo drammaticamente scoperto che le regioni con sistemi incentrati non solo sull’ospedale ma anche su attività di assistenza primaria hanno vinto, mentre quelle che avevano puntato tutto sull’ospedale hanno perso”, ha detto Milanese aprendo il suo intervento. “Con il PNRR ci sono le risorse, c’è la possibilità di fare una grande riforma del SSN. È importante investire nella rete assistenziale che deve uscire dall’ospedale e andare verso le case delle persone e a cui bisogna poi aggiungere l’innovazione tecnologica. Dobbiamo partire dai dati che spesso non abbiamo sul territorio e, soprattutto, dai bisogni dei pazienti. Capire di cosa quali siano le necessità dei 14 milioni di cronici, considerando anche che, tra questi, vi sono circa 3 milioni di anziani non autosufficienti e che il 50% di loro non è assistito da nessuno. Se vogliamo prenderci cura di 1 milione di persone a casa, superando la quota attuale dei 300mila pazienti in domiciliare, potando la media assistenziale ad 8 ore alla settimana contro le 20 ore annue come avviene adesso, servono 100mila operatori che dobbiamo necessariamente formare”.

Parlando delle tecnologie quale strumento essenziale per aiutare le persone con cronicità, il presidente di OSA e di Confcooperative Sanità ha ribadito come si debba partire dalle banche dati, uno degli aspetti chiave dell’Health Technology Assessment. “Dobbiamo registrare con chiarezza, in maniera analitica, la tipologia di pazienti di cui ci dobbiamo occupare. Questa è la prima cosa. Il secondo aspetto riguarda il monitoraggio da remoto che può assicurare la continuità di cura, specialmente alle persone assistite a casa. Per farlo è necessario avere la certezza delle infrastrutture e degli strumenti. In un Paese dove abbiamo nuclei familiari composti da 1,27 figli, dove quindi molti anziani sono da soli, tecnologie che possono supportare le demenze o i sistemi di controllo e teleconsulto o le smart home possono rappresentare strumenti molto utili ad un sistema assistenziale che arrivi fino ai domicili. Questo è il futuro”. Un futuro in cui “sarà importantissimo conservare comunque le caratteristiche di universalità e gratuità del SSN, perché in un mondo sempre più diseguale sarebbe un rischio troppo grande perdere anche questa uguaglianza. La legge 502 del ’92, l’ultima di riforma del sistema sanitario, stabilisce che i soggetti privati possono essere autorizzati, quindi lavorare verso il privato, e accreditati, quindi operare per il pubblico che deve controllare. Quindi occorre che lo Stato programmi e controlli all’interno di un sistema in cui i privati competono per qualità e collaborano in una logica sussidiaria e pubblica al bene collettivo. Se invece dovessimo spostarci verso un sistema simile a quello degli Stati Uniti, in cui la capacità di spesa di ognuno incide sulla capacità di cura, ci troveremmo ad affrontare un problema di coesione sociale molto grave per il nostro Paese”.

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