“La fotografia della sanità pubblica immortalata alla fase pre-Covid ci è nota ma sarà bene rievocarla con pochi tratti salienti: in Italia 24milioni di persone sono afflitte da una patologia cronica, e poco più della metà patisce diverse cronicità; quasi l’8% di costoro ha meno di 14 anni, e ciò dissipa la falsa credenza di un fenomeno esclusivamente geriatrico. Gli anziani (over 65) non autosufficienti sono 2 milioni e 850mila, dei quali poco più del 30% gode di assistenza sanitaria, poco meno del 20% di assistenza sociale e soltanto lo 0,6% accede all’assistenza integrata (sociosanitaria). Negli ultimi dieci anni gli anziani italiani hanno perso 2,5 anni di vita in buona salute, mentre nel medesimo periodo – paragone lampante – gli anziani svedesi ne hanno guadagnati quasi 12. Questi primi parametri bastano già a dimostrare una paradossale incongruenza e cioè che il Ssn – che è il mallevadore della salute pubblica – ha smesso di produrre salute. ”. È quanto scrive sull'edizione di agosto del mensile Panorama della Sanità, il presidente di OSA e di FederazioneSanità Giuseppe Milanese.
“Il problema”, prosegue nel suo intervento Milanese “è che chi ha amministrato la sanità pubblica ha distolto lo sguardo dall’obiettivo principale di garantire il diritto fondamentale alla salute e nei decenni si è concentrato con accanimento sul fronte della riduzione della spesa: soltanto nel decennio 2007-2017 sono state soppresse quasi 200 strutture ospedaliere (16% del totale), si sono persi 45mila posti letto (17%) e 17mila unità di personale sanitario (quasi 6mila medici e 11mila infermieri). D’altro canto, nello stesso periodo, l’Italia ha conquistato il fregio di fanalino di coda nel benchmark europeo rispetto ai parametri che illustrano l’assistenza domiciliare e residenziale. Soltanto il 2,7% degli ultrasessantacinquenni italiani beneficia di assistenza domiciliare (contro l’11,9% della Svezia), dato che peraltro resta più virtuale che reale se si considerano le ore annue erogate (17, contro le 70 dei Paesi evoluti). Analogamente accade per l’assistenza residenziale: 13,6 posti letto ogni 1000 anziani, 70 in Svezia, senza considerare le pesanti differenze sussistenti anche tra le stesse regioni”.
“In un contesto tanto povero di cure e premure, la fa da padrone il mercato opaco del badantato, questione forse sottovalutata su cui invece occorre spendere qualche parola in più. Perché, accanto alla strutturale inadempienza verso qualunque sistema di controllo o di rispetto degli standard di qualità, di per sé già gravissima, campeggia un largo comparto di spesa sanitaria privata, che risponde alle voci dell’assistenza sanitaria per la cura e la riabilitazione, dell’assistenza a lungo termine, dei servizi ausiliari, dell’acquisto di prodotti farmaceutici e di apparecchi terapeutici e dei servizi per la prevenzione delle malattie. Un mercato vero e proprio che depaupera le famiglie, costrette a sopperire alle carenze strutturali del sistema per la cifra di 35 miliardi di euro”, aggiunge ancora il presidente di OSA e di FederazioneSanità.
Secondo Milanese “risulta davvero incomprensibile, alla luce di tale inconfutabile quadro, l’inerzia fin qui consumata da coloro che hanno amministrato la sanità dello Stato, incrinata soltanto dall’impatto terrificante originato dal Covid. La cooperazione, come in realtà accade da anni, intende sottrarsi allo stato delle cose e si propone per partecipare da protagonista alla rifondazione del Pianeta Salute. Lo fa a pieno titolo: perché in ragione della propria natura mutualistica e del carattere di impresa non lucrativa può prevenire derive privatistiche; perché è insita nella sua costituzione valoriale la capacità di intercettare i bisogni delle comunità; perché ha già ampiamente dimostrato di sapere escogitare soluzioni originali in una logica sussidiaria; perché, per lo spirito solidaristico che la caratterizza, sa farsi carico dei soggetti deboli. Ed anche perché ha una storia autorevole sancita dall’articolo 45 della Carta Costituzionale e una forza consistente, con oltre12500 imprese cooperative attive nella filiera della salute, 409mila operatori impegnati nel settore e quasi 7milioni di assistiti”.
“Sulle spalle del Terzo Settore poggia anche il dovere di non eludere la responsabilità di maturare – da movimento – in sistema. Per sottrarsi all’incudine di un approccio neostatalista al servizio pubblico e al martello dei grandi capitali, i quali minerebbero la natura universalistica ed egualitaria del Ssn. E proporre e poi promuovere una via terza, virtuosa, solidale, di economia sociale. Se non ora, quando?”, conclude.