“Alcuni mesi addietro ho proposto, un po’ affacciandomi alla finestra per gettare la voce, di costituire una Fondazione nazionale “pro senectute”: non tout-court a tutela della vecchiaia, ma per custodirla e valorizzarla, come si fa con i beni preziosi. Un luogo di ragionamento che vagli lo status quo, ne individui i limiti ed elabori piani operativi per superarli. Un consesso delle più avanzate intelligenze del Paese in materia di anzianità – medici, psicologi, statistici, operatori del settore, scienziati e intellettuali – che, prendendo le mosse dalle drammatiche cronache dell’emergenza, appronti regole e strategie efficaci perché certe condizioni non si ripropongano mai più. Penso soprattutto alle tragedie consumatesi nelle Rsa, in quelle di grandi dimensioni e rinomate così come in quelle piccole e misconosciute: la morte si è presentata indifferentemente, e con intollerabile spietatezza”. È quanto scrive sul numero di settembre del mensile Panorama della Sanità, Giuseppe Milanese, presidente di OSA e di Confcooperative Sanità.

 

“Il problema è divampato in tutta la sua dolorosa potenza se è vero come è vero che, proprio in queste ore, il Ministero della Salute è al lavoro per programmare una riforma delle residenze sanitarie nel senso della evoluzione tecnologica, della sostenibilità e dell’accoglienza. I primi documenti resi pubblici sembrano tratteggiare una prospettiva di riqualificazione del sistema e dei modelli di cura di certo necessaria, ma non sufficiente. Non si tratta di una contestazione pregiudizievole, ma della consapevolezza che l’ingiustizia di troppe morti meriti uno sforzo supplementare di umanità. Non mi piacerebbe che, ancora una volta, nei provvedimenti di un governo mancasse l’anima, che è il distillato autentico dell’umanità, mentre oggi l’Italia ferita, ha bisogno dapprima di anima e poi di risorse finanziarie”.

 

La risposta è nella ridefinizione del concetto stesso di Rsa, una casa “altra” in cui l'abitare diventa pratica del vivere, in cui si strutturino relazioni familiari, senza derogare ai sentimenti e alle sensibilità. “Non sono ancora stanco di sognare, d’accordo con Gibran (“Preferisco essere un sognatore tra i più umili, con visioni da realizzare, piuttosto che il principe di un popolo senza sogni né desideri”), ma per me Rsa dovrà diventare l’acronimo di resilienza sanitaria assistita”, scrive ancora Milanese, che aggiunge:  “Un’interpretazione estensiva in cui gli anziani abbiano la possibilità di riorganizzare la propria vita, mantenendo inalterata la dignità, pur non potendo più soddisfare in autonomia i bisogni di cui sono portatori. La residenza come una casa “altra”, in cui l’abitare diventi pratica del vivere, in cui si strutturino relazioni familiari, in cui non si deroghi più alla sensibilità, ai sentimenti e, perché no, al vasto respiro della cultura”.

 

Penso ad almeno tre percorsi differenti, tutti meritevoli della medesima attenzione: i modelli di accoglienza degli anziani, i modelli di selezione del personale e i modelli di formazione del personale. Non trascurando alcun aspetto di questa “casa” e neppure alcuna fase dell’ospitalità, dall’ingresso alla morte, ancora inscalfibile tabù. Una volta studiati e concordati adeguati protocolli che inevitabilmente alzeranno l’asticella degli standard di qualità delle strutture italiane, i nostri vecchi non autosufficienti saranno garantiti da un accordo che varrà ben più di un patto d’onore, perché dovrà essere recepito e poi imposto dalla norma e sempre soggetto a periodiche verifiche, pena l’esclusione dalla rete residenziale nazionale”.

 

“Le prime reazioni alla proposta della Fondazione sono state particolarmente incoraggianti”, conclude il presidente di OSA e di Confcooperative Sanità. Il mio appello è, ancora una volta, alle persone “libere e forti” che intendono partecipare, per dirla con l’economista Marco Vitale, alla “rivoluzione silenziosa” della longevità: lavoriamo insieme perché l’ultima età diventi in ogni condizione – anche nel disagio economico, anche nella disabilità, anche nella solitudine – il momento di massimo splendore di una intera esistenza. Noi raccoglieremo domani soltanto quello che seminiamo oggi”.

Share This