“Noi sappiamo – e con noi intendo tutti i soggetti protagonisti del sistema Salute del Paese – che l’ospedalizzazione funziona quando affronta le acuzie; che le cronicità vanno affrontate fuori dai nosocomi; che la deospedalizzazione deve avere due fronti, di eguale dignità, e cioè l’assistenza domiciliare e quella residenziale; che entrambi i fronti devono essere strutturati in modo tale da integrare sussidiariamente la rete sanitaria nazionale. Chi non comprende la logica di questo paradigma fa torto anzitutto alla propria intelligenza. La salute, intesa come fondamento costituzionale di benessere comunitario, va ascritta qui ed ora come priorità dell’agenda imminente e perciò occorre ripensare la Sanità in un’ottica di sistemi integrati. Conosciamo quindi la strada da imboccare: dobbiamo solo definirne il percorso, le modalità, il viatico stesso, prefigurando nuovi scenari emergenziali ma anche e soprattutto organizzando la migliore gestione dell’ordinaria quotidianità”. Lo scrive il presidente di OSA e di Confcooperative Sanità in un lungo intervento sull’edizione di Luglio del mensile Panorama della Sanità, in cui lancia la proposta rivoluzionaria di una Fondazione nazionale che unisca scienziati, intellettuali e forze sane del Paese per ridefinire e innalzare gli standard di qualità etici ed esperienziali del sistema residenziale italiano.
Secondo Milanese: “Non si può continuare a legiferare senza programmazione o, peggio, a causa di deviate interpretazioni della riforma del Titolo V, ad abbozzare soluzioni diverse per ogni campanile regionale, alimentando insufficienze, sperequazioni, ingiustizie sociali. È allora il caso di concordare dapprima sulle regole vorrei dire: etiche e culturali del Pianeta Salute e da qui “risurgere per li rami”, facendone scaturire protocolli all’altezza dei tempi che ci aspettano e poi, possibilmente, nuove buone prassi. Perché non imbastire un ente terzo – una Fondazione nazionale, un Comitato pro senectute – che coinvolga il fior fiore degli scienziati, degli intellettuali, delle forze sane di questo Paese (e certamente tra queste la cooperazione, pronta a fare la sua parte), così distanziandosi da qualunque sospetto di interesse privato, e che elabori un piano valoriale sulla vecchiaia in termini di sensibilizzazione, di educazione e di formazione? Il welfare di uno Stato civile prima attecchisce nelle coscienze di governanti e cittadini e poi, auspicabilmente, fiorisce nella sua attuazione pratica”.
“Non è peregrino prefigurare un sistema nazionale in cui le residenze conservino una loro duttilità, una specifica versatilità, ma al contempo si attengano con scrupolo a protocolli etici e regolamenti scientifici condivisi, elaborati e validati da esperti, statuiti dal legislatore, sottoscritti dagli erogatori”, conclude il presdente di OSA e di Confcooperative Sanità nel suo articolo. “Ad esempio, rispetto alla formazione (previa e continuativa) del personale sanitario, ai servizi assicurati, ai percorsi di continuità tra la casa lasciata e la casa surrogata, ai ‘piccoli esperimenti di felicità’ richiamati dal romanziere Hendrik Groen nell’omonimo libro”.