Il ‘Rapporto 2016 dell’Osservatorio Nazionale Screening’ (Ons) fotografa la prevenzione anticancro in Italia. Complessivamente i dati sono positivi.
 

Gli inviti spediti e gli screening effettuati. Sono quasi 13 milioni gli inviti spediti nel 2015 (un milione in più del 2014) e poco meno di 6 milioni di test effettivamente eseguiti (oltre 300mila in più rispetto al 2014). «I dati che presentiamo si riferiscono all’attività svolta dai programmi di screening nel 2014 e nel 2015 nel nostro Paese e mettono in evidenza dei progressi quanto al numero di persone raggiunte – dice Marco Zappa, direttore dell’Ons, con sede presso l’Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (Ispo) di Firenze”. Dati positivi nonostante il divario ancora evidente fra centro nord e sud.
 

Le guarigioni. Anche le guarigioni sono in crescita, insieme al numero di persone che riesce a convivere con la malattia per anni e, in media, sei connazionali su dieci superano la “fatidica soglia” dei cinque anni di controllo dopo la scoperta del tumore. «La diagnosi precoce è strettamente collegata a migliori probabilità di sopravvivenza – sottolinea Carmine Pinto, presidente nazionale dell’Associazione Italia di Oncologia Medica (Aiom) e direttore dell’Oncologia dell’Irccs Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia -, ma ancora troppe persone non sfruttano la possibilità che viene loro offerta, per di più gratuitamente, dal Servizio Sanitario Nazionale. Seguendo uno stile di vita corretto e aderendo ai programmi di screening si potrebbe evitare ben un terzo dei casi di cancro. La stragrande maggioranza dei tumori insorge, infatti, da lesioni precancerose che possono essere individuate ed eliminate in fase precoce. Per questo migliorare l’adesione ai programmi di screening dev’essere una priorità e su questo fronte Aiom si impegna a sensibilizzare i cittadini con diverse iniziative».
 

I motivi del «rifiuto». Secondo recenti indagini, i motivi principali per cui gli italiani non prendono in considerazione l’invito allo screening sono il timore di scoprire d’essere malati, la pigrizia, la mancanza di tempo. Oppure pensano di non averne bisogno. L’Ons, invece, ricorda ad esempio che fare regolarmente la mammografia riduce il rischio di morire per tumore della mammella del 40 per cento. Eseguire il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci (Sof) diminuisce del 20 per cento il pericolo di ammalarsi di carcinoma colorettale e del 40 per cento quello di morirne. Invece, effettuare il pap test fa calare del 60-70 per cento la probabilità di un cancro della cervice e con il test per la ricerca dell’Hpv questa protezione cresce ulteriormente.
«Molto resta da fare soprattutto per convincere la popolazione a fare l’esame del sangue occulto fecale, in particolare al Sud, dove l’adesione è più bassa – commenta Zappa -. Circa l’80 per cento dei carcinomi del colon retto, infatti, si sviluppa a partire da adenomi che impiegano anni (in media tra 7 e 15) per trasformarsi in forme maligne. È in questa finestra temporale che lo screening consente di fare una diagnosi precoce ed eliminare i polipi prima che diventino pericolosi».
 

(fonte repubblica.it)

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