“Qui è come una casa, anzi di più. È come una famiglia, perché c'è tanto affetto”. Sofia (il nome è di fantasia e lo ha scelto lei per raccontarsi), ha 20 anni e un passato doloroso alle spalle: una situazione familiare tormentata, un'adolescenza consumata dalla cocaina. Da Monza, il 24 ottobre di un anno fa, è arrivata nella CRAP OASI, una delle due Comunità Riabilitative Assistenziali Psichiatriche che OSA gestisce a Vico del Gargano, in provincia di Foggia.
Quasi 800 km per ritrovare la vita, il sorriso, in questa struttura che l'ha accolta e l'ha aiutata a voltare pagina. Non è stata una passeggiata e la strada è ancora lunga. Sofia ha dovuto convivere con la rabbia, la voglia di scappare via dalla comunità, con paure più grandi di lei. “Quando sono entrata qui non volevo fare un percorso psico-terapeutico: desideravo solo andare via e non avevo un comportamento giusto. Ho combinato tanti disastri. Poi a mano a mano, in questi ultimi tre mesi, i miei atteggiamenti sono migliorati e ora sto bene. È un poco che vale tanto: sto dando il meglio di me per recuperare. Dallo scorso anno non faccio più uso di sostanze stupefacenti. Qui ho trovato affetto, tutti mi vogliono bene, ma mi hanno dato delle regole, anche dure, che sono servite per la mia rieducazione. Sono davvero cambiata, ho preso coscienza di quello che poteva avvenire con certi miei comportamenti e sto meglio. E questo solo grazie all'aiuto di tutti, perché da soli non si va da nessuna parte”.
Nella famiglia della CRAP Sofia ha iniziato a leggere libri. Maria Angelicchio, la coordinatrice della struttura, gliene ha prestati 14. Da Calvino ad Orwell, Sofia sta scoprendo gli autori più diversi. “Adesso sto leggendo 'Etica per un figlio' di Savater, ma non ho un genere preferito, mi piace un po' tutto”, racconta entusiasta al telefono, amorevolmente seguita dall'educatore Domenico (“proprio ieri insieme a lui abbiamo preparato in cucina il casatiello, era buonissimo!”). C'è poi la patente di guida da prendere e il diploma da operatrice sociosanitaria. Già, perché Sofia da Monza ha un sogno da realizzare. “L'esperienza che ho fatto qui mi ha colpito molto, mi piacerebbe diventare operatrice sociosanitaria e far parte di questa famiglia. Mi devo ancora diplomare e mi sto impegnando per raggiungere questo obiettivo”.
Oltre allo studio, il tempo e le giornate vengono scandite dalle visite dei suoi cari e dalla vita in comunità. Sofia sta ricostruendo il rapporto con la sua famiglia e, al tempo stesso, ha incontrato persone capaci di offrirle ascolto e cuore, come gli operatori OSA. Ma anche amici veri: gli altri ospiti della struttura. Mentre parliamo al telefono la madre è appena andata via. “A poco a poco sto riallacciando i rapporti”, sottolinea, “Oggi ad esempio mamma mi ha portato un paio di pantaloni e la lana per fare dei piccoli lavori con l'uncinetto. In generale con tutti mi trovo benissimo. Ho una compagna di stanza a cui sono molto legata e da 8 mesi ho anche un fidanzato, Daniele, anche lui ospite della comunità”.
Insomma, la vita nuova di Sofia è quella di una ragazza finalmente libera. È lei stessa a dirlo sul finire della nostra chiacchierata. “Dopo l'ultimo disastro che avevo combinato, ormai qualche mese fa, mi sono detta: vuoi un futuro da persona normale e libera oppure no? Ci ho riflettuto e ho scelto, perché la libertà è una conquista e non te la regala nessuno”.