Rifondare il Servizio Sanitario Nazionale affinché sia in grado di misurarsi con i bisogni assistenziali di una società destinata inesorabilmente a invecchiare: è questa una delle sfide cruciali che il Paese dovrà affrontare nei prossimi mesi. Così diventa urgente avviare una legge di riforma strutturale dell’assistenza primaria.

Va in questa direzione la proposta di Confcooperative Sanità, organizzazione che rappresenta circa 400 tra cooperative di medici, farmacisti, professionisti sanitari e sociosanitari con un fatturato aggregato di oltre 10,5 miliardi, 140mila soci e 25mila occupati.  

Proprio del futuro della sanità italiana si è parlato oggi a Roma nel corso della tavola rotonda “La sanità di domani, tra interrogativi e certezze”, organizzato nel Palazzo della Cooperazione a Roma.

«Un progetto di riforma radicale che metta al centro la persona è quello che serve al sistema della salute – ha sottolineato il presidente di Confcooperative Sanità, Giuseppe Milanese – e si tratta di un passaggio necessario per riconfigurare il nostro modello di welfare, perché sia maggiormente rispondente ai bisogni sociosanitari di una popolazione longeva con patologie cronico-degenerative e diffuse situazioni di disabilità o non autosufficienza». 

«La nostra idea di assistenza primaria – ha precisato – è un sistema compiuto di servizi extraospedalieri, con al centro il cittadino e la sua quotidianità, volto a completare l’architettura del modello di cure e a rinsaldarne, al contempo, le basi». 

Il confronto sul futuro del Ssn è entrato nel vivo con le linee progettuali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza da una parte e con la riforma dell’assistenza territoriale in corso di approvazione dall’altra, fissando le coordinate entro le quali si muoverà la prossima sanità in termini di modelli, risorse e investimenti.  

«Tale prospettiva di cambiamento, a tutti gli effetti imponente – ha concluso Milanese – prevede cospicue opportunità per l’ammodernamento e lo sviluppo del sistema, in virtù del complessivo rafforzamento della sanità di territorio, di investimenti importanti nella telemedicina, del riconoscimento del domicilio quale principale luogo di cura dei pazienti fragili. Tuttavia è fondamentale che la spinta riformatrice non si esaurisca nella sola costruzione o ristrutturazione di nuovi presidi, ma punti sulla messa a sistema delle esperienze virtuose, pubbliche e private, già esistenti nei territori; sulla formazione di personale specializzato che ad oggi manca; sul rafforzamento della committenza pubblica, lasciando l’erogazione dei servizi a coloro che li hanno garantiti efficacemente in questi anni; ad un sistema di cure domiciliari autenticamente improntato alla logica della Long Term Care».

Share This