Il direttore dell’Area Nord di OSA ha partecipato questa mattina a Milano al prestigioso convegno intitolato “Assistenza Domiciliare Integrata – Ieri, Evoluzione e Sviluppo”
“L’assistenza delle cronicità è un tema entrato, finalmente, con piena titolarità nell’agenda di legislatori e amministratori della salute, ma il quadro nel nostro Paese è ancora complicato, se consideriamo, come evidenziato dai dati del 3° Osservatorio Long Term Care del CERGAS dell’Università Bocconi, che il 49% dei quasi 3 milioni di over 65 non autosufficienti presenti in Italia non è assistito da nessun servizio, né sociale né sanitario. In questo quadro, la regola delle 5 R, frutto dell’esperienza guadagnata sul campo, del know-how elaborato e della mission insita nel movimento cooperativo, indica in maniera concreta la possibile sequenza di interventi necessari ad affrontare e risolvere il deficit di assistenza primaria che, ad oggi, condanna l’Italia ad essere il fanalino di coda nelle classifiche di civiltà della cura.
Le 5 R – regia unica nazionale, regole di ingaggio omogenee e certe, ruoli chiari e definiti tra committenti ed erogatori, reti territoriali e multiprofessionali, rigore nella misurazione – possono implementare i passi importanti che sono comunque stati fatti per quanto riguarda l’assistenza primaria, come l’approccio integrato tra servizi, la fine delle gare d’appalto, il continuum assistenziale, frutto del lavoro prezioso dalla Commissione Paglia, o ancora la valorizzazione della casa come luogo di cura”. È quanto ha affermato Vincenzo Trivella, direttore Area Nord di OSA, che questa mattina è stato tra i relatori del convegno “Assistenza Domiciliare Integrata – Ieri, Evoluzione e Sviluppo”, organizzato nella sala Gaber di Palazzo Pirelli a Milano. Nel corso del suo intervento, dedicato alle peculiarità del modello assistenziale lombardo e al confronto con le altre realtà regionali, Trivella ha evidenziato come “servano una cabina di regia unica e delle regole di ingaggio omogenee sul territorio nazionale, perché ancora oggi assistiamo ad una Babele di modelli gestionali differenti tra le varie aree geografiche”.
Tra questi sicuramente l’accreditamento, sistema adottato in Lombardia, nel Lazio e in Emilia Romagna, è senza dubbio quello che assicura “libera scelta di cura alle persone e innalzamento della qualità assistenziale erogata, grazie alla concorrenza tra gli erogatori accreditati”. In questo senso, è fondamentale stabilire i ruoli – la terza R – tra pubblico e privato, con il privato no profit sussidiario al SSN. “Il partenariato tra pubblico e privato produce numerosi benefici perché assicura una sana competizione tra erogatori, garantisce la libertà di scelta ai cittadini, qualifica la rete dell’offerta, valorizza le professionalità e favorisce l’innovazione tecnologica e organizzativa”.
Regia, regole e ruoli affiancati dalla rete, la quarta R. “Bisogna costruire un circuito assistenziale per la presa in carico degli anziani”, ha spiegato ancora il direttore dell’Area Nord di OSA, “che integri i setting assistenziali e le diverse figure professionali, personalizzando gli interventi. Una rete in cui l’assistito viene seguito a seconda della tipologia dei propri bisogni e in cui esiste una continuità tra i servizi residenziali, l’ADI e i centri diurni”. Reti territoriali, ma anche professionali, come efficacemente dimostrato dalla cooperazione dove competenze diverse – medici di medicina generale, farmacisti, cooperative sociosanitarie con OSS, infermieri, fisioterapisti e professionisti della riabilitazione – sono messe a fattor comune per dare alle persone risposte adeguate e concrete in termini di salute. Un esempio di questo modello virtuoso è stato sperimentato proprio in Lombardia con l’esperienza dei Covid Hotel a Bergamo, gestiti dalla Cooperativa OSA con la supervisione dell’ATS. Un unicum nel panorama sanitario nazionale, ben presto emulato nel resto d’Italia, che ha strutturato protocolli innovativi e integrato la filiera sociosanitaria per assicurare una quarantena protetta a quei pazienti non ancora negativizzati dal virus.
Importante anche la quinta R del modello, quella del rigore nella misurazione. “Non solo dei risultati, ma anche degli esiti clinici. Questo permette di ridurre l’incidenza delle patologie sul territorio e la tempistica di cura, integrare le unità di offerta sociosanitarie e sociale e aumentare la percentuale dei pazienti presi in carico”. “L’obiettivo”, ha concluso Trivella, “è quello di far evolvere ulteriormente questo modello su 4 direttrici per valorizzare ancora di più l’assistenza della cronicità: integrazione con la rete dei servizi territoriali, adozione di protocolli qualitativi sempre più elevati, formazione degli operatori e digitalizzazione”.