Basta con l’inerzia nel coinvolgimento delle cooperative sanitarie nella campagna vaccinale anti Covid e, soprattutto, stop alla Babele di protocolli, modalità d’accesso e tariffe che sui territori sta provocando gravi disagi per i cittadini più fragili. A lanciare l’allarme è il presidente di OSA e di Confcooperative Sanità, Giuseppe Milanese, che ribadisce, con forza, la disponibilità della cooperazione sociosanitaria, pronta da tempo a dare una mano per somministrare il vaccino all’intera popolazione italiana. “C’è un potenziale esercito a disposizione del Servizio Sanitario pubblico ed è quello della cooperazione sociosanitaria”, afferma Milanese, “eppure un’incredibile inerzia continua ad ingessare tutto senza coinvolgere il Terzo Settore. Parliamo di oltre 400mila operatori, tra cui infermieri e OSS, che potrebbero rappresentare un fattivo corpo intermedio tra i medici di medicina generale, formalmente già coinvolti nella campagna vaccinale, e i 60 milioni di cittadini. Eppure, oltre a non rendere da subito praticabile questa grande campagna sussidiaria, si insiste in una gestione superficiale quando vengono coinvolte le cooperative”.  

 

Secondo il presidente di OSA e di Confcooperative Sanità “il dibattito pubblico restituisce un quadro parziale della mancanza di chiarezza sulla questione che comunque è già sufficientemente sconfortante. Purtroppo, i dati rilevati dalle ASL del Paese sono, se possibile, ben più preoccupanti. Le singole Aziende Sanitarie stipulano infatti accordi per incrementare le vaccinazioni sui territori, a macchia d’olio e, come storicamente avviene in Italia, senza una visione di sistema”. “Potremmo affermare praticamente senza timore di essere smentiti”, prosegue, “che ad ognuna di queste attività corrispondano un diverso protocollo d’intesa, diverse tariffe (anche molto dissimili tra loro) e diverse modalità”.

 

La casistica è disparata e qualche esempio è necessario per cogliere gli aspetti surreali di questa vicenda. “Nel Frusinate”, sostiene ancora Milanese, “alle cooperative è richiesto il solo apporto infermieristico, mentre nella ASL Roma 1 vengono richiesti un medico e un infermiere insieme e per le due prestazioni sono previsti rimborsi radicalmente differenti, nel primo caso stabilendo una tariffa maggiore rispetto al secondo. Così è ovunque, senza nessun nesso logico o almeno argomentabile”.

 

La via maestra è ancora una volta nel modello che Confcooperative Sanità ribadisce con forza, da anni, in tutte le sedi possibili. “È quanto mai urgente istituire una regia unica che si faccia carico di un’analisi verosimile dei costi e dei benefici e si assuma la responsabilità di stabilire regole chiare ed univoche, valide dalle Alpi alle Piramidi. L’alternativa, già dietro l’angolo, è il caos: anzi, un caos che, in un frangente già tanto drammatico, ricadrebbe sulle spalle di cittadini vulnerabili e certamente incolpevoli”, conclude.

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