Invecchiamento e assistenza. Due strade che procedono parallele da quando l’età media della popolazione, non solo italiana ma europea e mondiale, sta diventando sempre più alta. Proprio il nostro Paese risulta essere uno dei capofila a livello internazionale: a spiegarlo è Francesco Giuffrida, direttore sanitario della Cooperativa OSA, intervistato dall’agenzia Dire.

 

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“L'Italia – spiega Giuffrida – è molto avanti per quanto riguarda la presenza di anziani, anzi è uno dei Paesi più 'vecchi' del mondo dopo il Giappone. Abbiamo delle percentuali di ultra 65enni ormai vicine, o in alcuni casi superiori, al 20% con una aspettativa di vita molto elevata per l'uomo e la donna, che si attesta rispettivamente su 80 e 82 anni”. Le conseguenze? “Abbiamo la responsabilità di tracciare la strada agli altri Paesi che andranno incontro a questo tipo di fenomeno demografico”. Infatti “siamo un Paese che, potendo contare su un Sistema sanitario nazionale universalistico e sostanzialmente gratuito, subisce molto l'impatto dell'invecchiamento della popolazione”. D'altro canto, proprio questo “ci ha permesso di andare avanti e fare dei progressi specifici in questo settore”, specifica Giuffrida. La spiegazione è che “a queste variazioni demografiche sono seguite delle variazioni epidemiologiche: fino alla meta' del '900 ci si occupava di persone che erano sane o malate, presentando delle patologie 'transitorie'. Oggi invece, con l'invecchiamento, c'è una prevalenza di cronicità e di persone che non possiamo definire sane ma che hanno malattie come l'artrosi, il diabete, l'ipertensione. Problemi che costringono il soggetto a convivere con delle difficoltà, con la necessità di fare dei controlli ripetuti nel tempo e avere a che fare con uno stato di salute 'imperfetto'”. Con questa condizione che non rappresenta più un'emergenza ma una 'normalità' a causa del protrarsi delle fasi avanzate della malattia, si è generato uno “sviluppo di cure palliative e di controllo dei sintomi che possano rendere accettabile la qualità della vita”. Da qui la necessita' di cambiare fronte d'attacco. Spiega infatti Giuffrida: “In passato l'attività del medico era esclusivamente diagnostico-terapeutica, oggi invece ci sono sempre più professioni che si occupano di assistenza come infermieri, fisioterapisti e riabilitatori. Figure che acquistano maggiore importanza rispetto al passato. Certo il paziente cronico ha sempre bisogno di una diagnosi e di una terapia giusta, ma anche di una giusta assistenza per ottenere l'autosufficienza”. La nuova frontiera dell'assistenza può essere una sola: “Una collaborazione tra il pubblico e il privato no profit, che in questo settore è partito più di 30 anni fa e ha ormai acquisito una esperienza notevole dovuta anche al fatto che il SSN, inteso come forza lavoro, non riesce a far fronte a questi fenomeni”. Ecco perché, conclude Giuffrida, “il privato con le sue caratteristiche di motivazione dei lavoratori e sostenibilità economica si pone come partner ideale del sistema pubblico, pur mantenendo sempre al pubblico gli aspetti decisionali e di governo dell'assistenza”.  

 

Fonte: www.dire.it

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