Tre milioni di morti in meno e 3,5 milioni di infezioni da Hiv da evitare entro il 2025. Questo il risultato che il piano dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) si prefigge dopo la riscrittura delle linee guida.sul trattamento dell’Aids, con la raccomandazione di iniziare prima possibile la terapia farmacologica. La decisione è stata comunicata durante il summit mondiale in corso di svolgimento a Kuala Lumpur, Malesia.
Una mossa che potrebbe essere decisiva verso l'allineamento dei piani terapeutici tra Nord e Sud del mondo ma che, di sicuro, ha bisogno di investimenti cospicui considerando che l’applicazione pratica delle nuove linee guida espanderebbe di oltre 10 milioni il numero di individui da sottoporre a trattamento. “Si tratta – ha spiegato a Osa News Pino Taddeo, psicologo che da oltre un ventennio si occupa per la Cooperativa Osa di assistenza ai malati Aids – di un salto in avanti importante e che segue il principio elementare secondo il quale a una terapia precoce corrisponde un miglior risultato clinico”.
“Nel caso dell’Aids la precocità dell’approccio non è sempre possibile per una varietà di motivi diversi. Nei paesi in via di sviluppo – ha aggiunto Taddeo – si deve fare i conti con una situazione sociale difficile, a causa dell’estrema povertà e delle gravi difficoltà logistiche e organizzative, che si traducono nell’impossibilità di raggiungere tutti i pazienti che avrebbero bisogno della terapia”.
Diverso il caso dell'Italia, in cui il successo della terapia dipende soprattutto dalla singola persona. L'impatto psicologico della diagnosi di Aids, ha sottolineato lo psicologo, è particolarmente pesante da assorbire, per cui il rischio è che il paziente rifiuti inizialmente la propria condizione respingendo gli impegni dei servizi sanitari. Nel caso del nostro Paese, inoltre, negli ultimi 20 anni è avvenuta una modificazione del profilo epidemiologico dei nuovi casi di infezione.
“Ciò è accaduto a causa della caduta di attenzione nei confronti del rischio da parte di alcune fasce sociali e demografiche che in passato non erano considerate tra quelle a maggior tasso di infezione – ha detto l’esperto -. Si parla soprattutto degli over 50, che trascurano di proteggersi durante attività sessuali a rischio perché si considerano al riparo”.
Ma anche alcune categorie, come gli immigrati e i pazienti psichiatrici, continuano ad esserecronicamente presenti nelle statistiche, come dimostrano i recenti dati pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità. “In 20 anni di esperienza ho assistito anche a onde di ritorno tra omo e transessuali – ha sottolineato Taddeo -, persone che negli anni passati erano state debitamente allertate sulla possibilità e sulle modalità di contrarre il virus dell’Hiv, ma che recentemente hanno abbassato la guardia esponendosi di nuovo a grandissimi rischi”.
“La lotta contro l’Aids – ha concluso l’esperto – andrà sempre di più combattuta sul campo della terapia precoce ma anche, e forse soprattutto, su quello della percezione del rischio che deve essere sempre considerato presente”.