Consumare frutti di mare e pesce una volta alla settimana potrebbe aiutare, almeno in parte, a neutralizzare il rischio di Alzheimer associato all'APOE4, il gene che conferisce una predisposizione alla malattia in quegli individui che ne sono portatori nel proprio Dna. Ad affermarlo è uno studio americano finanziato dal National Institute on Aging e pubblicato sul Journal of the American Medical Association (Jama). La ricerca è stata condotta presso il Rush University Medical Center di Chicago ed ha coinvolto un gruppo di anziani volontari che hanno partecipato al progetto di ricerca denominato MAP (Memory and Aging Project).

Gli studiosi americani hanno dimostrato che i frutti di mare in particolare e il pesce in generale non hanno alcun effetto protettivo anti-Alzehimer sulla popolazione generale, ma il consumo settimanale di questi alimenti sortisce effetti protettivi, una sorta di “scudo”, su quella parte di individui maggiormente a rischio demenza perché geneticamente predisposti in quanto portatori di APOE4.

La ricerca ha indagato nel tempo il regime alimentare dei volontari e osservato post-mortem come si presentava il cervello dei partecipanti deceduti negli anni del progetto di ricerca. È emerso che nel cervello degli individui a rischio di Alzheimer, deceduti a un'età media di 90 anni, non vi erano segni di neurodegenerazione (presenza di frammenti di proteina beta-amiloide e proteina tau) se questi individui consumavano pesce, molluschi o crostacei una volta a settimana. 

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