Io ho deciso di fare questo lavoro dopo un brutto incidente stradale avvenuto 10 anni fa. Se non fosse stato per gli infermieri e gli operatori del 118 a quest'ora probabilmente avrei fatto un'altra professione”. Anzi, a dirla tutta, Gabriele Zannella, 28 anni, infermiere della Cooperativa OSA in forze al servizio di Assistenza Domiciliare Integrata attivo nel territorio della Asl Roma 4, un altro mestiere già ce lo aveva. Diploma di capo tecnico perito meccanico: il 2 luglio discute l’orale della maturità, il 15, giorno del suo 19esimo compleanno, arriva il primo impiego in una grande fabbrica. Eppure, manca qualcosa. “Ho capito definitivamente di voler diventare un infermiere quando il mio capo di allora mi chiese cosa volessi fare da grande. Risposi che non era la mia strada, così quello stesso anno mi iscrissi a scienze infermieristiche alla Sapienza, dopo il primo tirocinio mi sono definitivamente appassionato. Se l'incidente che ho subito mi ha fatto scattare qualcosa dentro, senza dubbio quella chiacchierata con il mio capo e l'esperienza da tirocinante hanno rafforzato la mia convinzione”.

 

Nel gennaio dello scorso anno, Gabriele, che vive a Bracciano ma è originario della provincia di Salerno, entra a far parte di OSA. Servizio ADI su un territorio enorme, quello della Roma 4, che abbraccia 28 comuni e un'area di oltre 1.300 km quadrati. “Io ho sempre lavorato nell'ADI e devo dire che mi piace. Può sembrare un'affermazione banale, ma il grazie che riceviamo a fine giornata dagli assistiti vale più di tutto, è una cosa che ti gratifica”. Gabriele è uno di quelli che si fa in quattro, è sempre disposto ad aiutare gli altri. Aiuta i colleghi quando c'è un turno da coprire o una sostituzione da fare (“sono diventato il tappabuchi della Cooperativa”, scherza), aiuta persino una ragazza ad uscire dal parcheggio con l'auto mentre siamo al telefono (“ti lascio in attesa solo due minuti, scusami”). Aiuta soprattutto gli assistiti a stare meglio, nelle loro case, tutti i giorni. “Io mi occupo dei pazienti di area critica: parliamo di persone affette da SLA o comunque completamente non autosufficienti, che hanno bisogno di tutto. Portare il mio aiuto a loro è la soddisfazione più grande”, afferma.

 

Anche quando parliamo dei familiari basta una frase per capire molte cose. “Siamo infermieri, il rapporto inizia sempre in maniera un po' fredda, ma finiamo per diventare persone di famiglia. A noi che siamo sul territorio, capita spesso di instaurare un rapporto di empatia con i pazienti e con i loro familiari, anche se dipende chiaramente dal professionista e dall'assistito. Non è una cosa automatica”. Così come non è scontato fare il proprio lavoro in un periodo delicato come quello attuale. “Fortunatamente posso dire che lavorando con persone fragili sono abituato a prestare un certo tipo di attenzioni e di premure nei loro confronti”, spiega, “anche prima della pandemia mi è successo di dover indossare la mascherina o il camice proprio perché assisto tutti i giorni pazienti di area critica. In questo senso, il mio lavoro non è cambiato di molto”.

 

E forse proprio la sua passione per la professione, la dedizione e disponibilità verso il prossimo sono tra le motivazioni che hanno spinto i colleghi di Gabriele ad indicarlo ta i vincitori del XII° Premio Vittorio Crisponi, riconoscimento in memoria del compianto direttore della RSA Bellagio che OSA riserva ai soci particolarmente meritevoli nella propria attività quotidiana. “Sono sincero: non me l'aspettavo. Mi era stato detto solo di partecipare all'Assemblea, cosa che peraltro avevo già deciso di fare. Quando mi hanno chiamato sul palco è stata una sorpresa e mi ha fatto un grande piacere”.  

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