In occasione degli ‘Stati Generali della Sanità. Dalla riforma Maroni alla nuova Ats Lariana”, Il 18 novembre 2020 Vincenzo Trivella, direttore della RSA Bellagio e Area Nord di OSA, è intervenuto sul tema ‘I nostri anziani e il Covid. Come il modello delle RSA deve cambiare’, spiegando in particolare l’esperienza della bolla di salute all’interno della RSA Bellagio gestita dalla Cooperativa, come gemmazione di un percorso etico-culturale che OSA ha maturato nell’arco degli ultimi decenni.

Al dibattito, moderato da Angelo Orsenigo, consigliere regionale PD della Lombardia, hanno preso parte anche Damiano Rivolta, direttore generale dell’Ospedale Fatebenefratelli di Erba; Luca Degani, presidente di Uneba Lombardia; Francesco De Filippi, presidente SIGOT Lombardia; Carlo Borghetti, vicepresidente del Consiglio regionale; Gian Antonio Girelli, presidente della Commissione d’inchieste Covid di Regione Lombardia.

Ad aprire il confronto il moderatore Orsenigo: “Una discussione su un sistema sanitario che ha rivelato tutte le sue falle, le sue difficoltà nella prima fase della pandemia e anche ora nella fase di ritorno.

Discutere è importante perché se noi stiamo vivendo una situazione di difficoltà è perché esiste una legge sanitaria che non ci permette di dare tutte le risposte necessarie che, invece, una legge buona dovrebbe dare. Per cui abbiamo deciso di incontrarci, di discutere, di parlare sui tanti risvolti della sanità per ragionare sul futuro. Nella provincia di Como i contagi sono ancora elevati ad oggi e questa sera vogliamo parlare di anziani e di RSA”.

Direttore, ci può portare la sua esperienza per salvaguardare gli ospiti che vivono nelle RSA? Voi cosa avete fatto?

La Cooperativa OSA che rappresento e che gestisce la RSA è una Cooperativa che ha una storia di 35 anni. Nasce a Roma per curare a domicilio i malati di AIDS. La nostra storia ci ha aiutato ad affrontare questi momenti da marzo fino a oggi.

L’Unità di Crisi della Cooperativa ci ha fornito i protocolli e le procedure necessarie per affrontare la pandemia e i tanti momenti complicati che abbiamo vissuto.

Noi cosa abbiamo fatto? Da marzo fino a questa estate siamo stati Covid free. Devo dire che abbiamo avuto anche un po’ di fortuna, nonostante abbiamo sempre applicato le procedure. Ma la componente della fortuna è comunque importante. Dal mio accento si capisce che sono bergamasco e nella mia provincia di origine ho visto accadere cose importanti che adesso si vedono su tutto il territorio lombardo.

In questa seconda ondata, vedendo l’aumento dei contagi e vedendo le istituzioni ferme su questo fronte, abbiamo preso una decisione al nostro interno molto importante insieme ai nostri lavoratori, che ringrazio.

Gli assistenti della nostra RSA hanno deciso di chiudersi in una bolla di salute con gli ospiti; 40 volontari su 90 lavoratori, essendo negativi dopo aver effettuato i dovuti controlli, hanno deciso di restare in RSA ed evitare che diventassero loro il veicolo del contagio. Questo è bastato per una decina di giorni perché poi diventando zona rossa, ci siamo permessi di tornare in famiglia e concedere una vita più normale anche all’interno della struttura.

Questa è stata la nostra esperienza e non so dire se ha dato frutti del tutto positivi perché solo il tempo potrà raccontarcelo. Però ci ha dato modo di affrontare questa situazione in modo significativo, cambiando durante la settimana di bolla la vita di ospiti e operatori.

L’assistenza si fa attraverso le persone. Per cui prendersi cura delle persone che si prendono cura degli anziani, delle persone con disabilità piuttosto che delle fragilità è uno dei primi compiti che ci dobbiamo porre. E devo dire che in questo momento questo aspetto è molto trascurato, purtroppo. 

Dottor Trivella, il sistema dopo l’emergenza virus andrà ripensato secondo Lei? Se sì, come?

Secondo me il sistema andava già ripensato prima. Il virus non ha fatto altro che accentuare e mettere in evidenza alcune criticità. Occorre ripensare alla medicina territoriale, superando la dicotomia tra territorio e ospedale. È necessario armonizzare il sistema. E anche le RSA fanno parte di questo sistema di cambiamento. Le RSA di oggi rispondono a esigenze diverse rispetto a quelle di 10/15 anni fa.

Qualche esempio di strumento diverso da adottare nelle RSA, da voi che avete vissuto l’esperienza della prima e della seconda ondata?

Le RSA hanno bisogno di un aiuto sanitario molto più ampio perché l’attività è molto più intensa rispetto al passato. Oggi come gestori sosteniamo alcune spese, ad esempio, che sono più di competenza dell’ospedale che delle RSA.

Qual è il primo passo per non farsi trovare più impreparati?

Non so dire quale sia il primo passo ma sicuramente il tema della tempestività e della capacità di poter agire immediatamente ed essere messi nella condizione di poterlo fare è un elemento fondamentale. Tutto questo deve però avvenire sotto una regia che non può essere lasciata alla singola responsabilità della RSA e del gestore.

Per concludere cito le parole del mio presidente, Giuseppe Milanese, che è anche presidente di Confcooperative Sanità, che parla di paradigma delle 5R: Regia unica nazionale, Regole certe, Ruoli definiti, Reti di assistenza integrata e multi professionale; Regole e misurazione degli outcome di salute. Sottolineo che il tema della misurazione è fondamentale per poter dire quello che eroghiamo e come lo facciamo.

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