In Italia quasi 4 cittadini su 10, cioè 23,6 milioni di persone, sono malati cronici. È quanto emerge dal rapporto Osservasalute 2016, presentato dall'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Il documento costituisce un'approfondita analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell'assistenza sanitaria nelle regioni italiane.
Pubblicato dall'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane e coordinato dal Professor Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Direttore dell’Osservatorio e Ordinario di Igiene all’Università Cattolica, e da Alessandro Solipaca, Direttore Scientifico dell’Osservatorio, il rapporto è frutto del lavoro di 180 ricercatori distribuiti su tutto il territorio italiano che operano presso Università e numerose Istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali.
Secondo il rapporto, i problemi cronici più diffusi sono il diabete, l'asma bronchiale, l'osteoartrosi, i disturbi della tiroide, lo scompenso cardiaco e le malattie ischemiche del cuore e neurologiche. “Nel 2015 – si legge – il 23,7% dei pazienti adulti in carico alla medicina generale presentava contemporaneamente 2 o più condizioni croniche tra quelle prima elencate. Questo dato mostra un trend in preoccupante crescita, salendo dal 21,9% nel 2011 al 23,7% nel 2015“. A questi dati bisogna aggiungere che nel 2016 il 39,1% dei residenti in Italia dichiarava di essere affetto da almeno una delle principali patologie croniche contro il 38% del 2013 (fonte Istat).
Un numero di pazienti che naturalmente “pesa” sul Sistema Sanitario Nazionale e incide sul consumo di farmaci e sulla richiesta di prestazioni diagnostiche e di visite specialistiche. “Le patologie croniche riflettono anche i divari sociali del Paese: un esempio su tutti è la prevalenza di cronicità che nella classe di età 25-44 anni ammonta al 4 per cento, ma mentre tra i laureati è del 3,4 per cento, nella popolazione con il livello di istruzione più basso e pari al 5,7 per cento”. Nel rapporto Osservasalute 2016, si ribadiscono, inoltre, le grandi differenze esistenti tra le varie regioni italiane in materia di assistenza e di funzionamento del sistema sanitario. Il divario tra nord e sud si riflette “sulle condizioni di salute e sull’aspettativa di vita dei cittadini italiani di Nord, Centro e Sud Italia a vantaggio degli abitanti delle prime due zone del Paese”.
Del resto, come spiegato dal direttore scientifico dell'Osservatorio, Alessandro Solipaca: “I dati presentati confortano l’ipotesi, ormai più che consolidata, che l’invecchiamento della popolazione aumenterà inevitabilmente la prevalenza delle condizioni morbose di lunga durata e favorirà notevolmente negli anni la complessità dei bisogni di assistenza socio-sanitaria della popolazione. A fronte di questa dinamica si auspica il passaggio da una logica di tipo prestazionale a una di presa in carico globale dell’individuo che non si interrompa alla fine di ogni visita e preveda un raccordo tra i vari specialisti che lo seguono. In questa prospettiva, sarà decisivo il ruolo dell’assistenza territoriale, da attuare attraverso l’implementazione di un efficace sistema di assistenza primaria”.