Vincenzo Trivella, direttore di OSA Lombardia e della Residenza Bellagio, ha combattuto in prima linea, insieme ai professionisti della Cooperativa, una guerra difficile, contro un nemico invisibile; ma quando chiediamo all’uomo, prima che al manager, se ha avuto paura di quel nemico che in Lombardia ha provocato oltre 16 mila decessi sui 35 mila nazionali, la risposta è spiazzante: “No, paura no. Ho sentito forte la responsabilità verso quello che stava succedendo, non che di solito non accada intendiamoci, ma in quei giorni l’ho avvertita in maniera particolare”. Sull’ultimo numero del Magazine 50MILA VOLTI, Vincenzo Trivella ha raccontato l’emergenza senza eguali affrontata dalla Cooperativa nelle zone rosse lombarde. A Bergamo e provincia dove OSA è il primo operatore ADI, a Crema e Cremona, limitrofe a Codogno, nelle case dei lombardi e nella RSA di Bellagio, OSA ha fatto un corpo unico contro quel virus “che si sentiva arrivare in ogni momento”.

 

Le cronache dei giorni del COVID in Lombardia raccontano la capacità di OSA di essere cooperativa, nel senso di comunione di intenti, di scelte comuni. “Ricordo la settimana della fiducia”, prosegue Trivella, “l’ospedale di Alzano chiuso, i primi casi. Nel primo periodo c’era molta incertezza, OSA però, ha tenuto la barra dritta per poter garantire la salute dei suoi assistiti e soci, scrivendo procedure rigide e differenti per ADI e RSA”.

 

“A Bellagio sin da subito abbiamo scelto di sospendere le visite dei parenti, non poteva entrare nessuno. Abbiamo fornito agli operatori i DPI, formandoli sull’utilizzo. A tutti, a inizio turno, veniva misurata la temperatura e l’ossigenazione del sangue con il saturimetro. Abbiamo pianificato percorsi diversi e seguito i protocolli della nostra Direzione Sanitaria in maniera scrupolosa, facendo il necessario per mettere in totale sicurezza la Residenza di Bellagio. Alla fine, la nostra struttura è risultata, dopo i tamponi e i controlli serrati, COVID free. Nessuno, tra gli ospiti e tra i nostri operatori, ha contratto il virus. Per i servizi ADI e Cure Palliative c’era la preoccupazione di proteggere i nostri professionisti, ma anche di non essere untori andando di casa in casa. I nostri ragazzi hanno dovuto fare ancora più attenzione. Voglio dire grazie a tutti: dai professionisti della domiciliare agli operatori della Residenza Bellagio al personale amministrativo delle sedi ADI, perché tutti quanti hanno lavorato nel modo migliore in situazioni difficilissime, se pensiamo che solo a Bergamo abbiamo avuto 6mila morti, garantendo la salute dei nostri ospiti e assistiti a domicilio. Tutti sono stati capaci di dare il meglio di loro stessi, è una cosa che avviene spesso nei momenti difficili, quando cadono le barriere. Abbiamo fatto quello che c’era da fare e, va detto, siamo stati anche fortunati”. 

 

Siamo a marzo e il 18 apre il primo Covid Hotel d’Italia, il Winter Garden Hotel di Grassobbio, dove OSA ha assicurato la quarantena protetta ai pazienti dimessi dagli ospedali della bergamasca non ancora negativizzati. “Come primo erogatore ADI della provincia di Bergamo, fin da subito, siamo stati coinvolti nei tavoli delle emergenze. Ad un certo punto è nata l’esigenza di liberare i posti nelle terapie intensive degli ospedali, sfruttando gli alberghi chiusi a causa del lockdown. Abbiamo pertanto dato la nostra disponibilità ad operare non sapendo a cosa andavamo incontro: non si conosceva il decorso della malattia e si trattava di assistere persone in strutture non attrezzate a dovere. È stato difficile adeguare gli hotel, far fronte alla burocrazia e anche in questo caso è stata straordinaria la volontarietà di alcuni soci lavoratori di Bellagio che si sono trasferiti a Grassobbio, consentendo di far partire il progetto. Successivamente è arrivata la solidarietà, una spirale di tante cose belle innescate da un meccanismo virtuoso di partecipazione in un momento che, di bello, aveva ben poco”. Il progetto pilota di Grassobbio apre la strada ad altre strutture analoghe e alla fine, i COVID Hotel diventano 4: la metà gestiti da OSA.

 

A maggio gli hotel hanno chiuso e i pazienti sono tornati a casa. Ora si aspetta e si prova a vivere, a ripartire. In merito alla seconda ondata, Trivella dice: “Dagli errori si impara sempre, sono più preoccupato per quello che potrebbe accadere a settembre-ottobre, al minimo sintomo di febbre riscontrato nei nostri assistiti anziani. La paura non ci deve spingere a trattare in maniera emotiva questi fenomeni, l’obiettivo è prendersi cura delle persone nel modo adeguato; poi, certo, il virus non è passato e io stesso non riesco a capire dai dati se va bene o se va male. Mi auguro che non ci sia una nuova ondata come quella che abbiamo vissuto, anche se il sistema è pronto. Noi continueremo, finché non sarà tutto finito, ad avere un sistema rigido di controlli per noi l’allerta resta alta perché alto è il valore della salute dei nostri operatori e assistiti”. No, non c’è paura.

 

Leggi il nuovo numero di 50MILA VOLTI Magazine, periodico della Cooperativa OSA

 

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