Camice. Mascherina. Guanti.
Sono i dispositivi di protezione individuale che Antonietta, classe 1963, indossa tutte le volte che entra dentro casa di un assistito. Ogni settimana si prende cura di una decina di persone tra anziani e soggetti con disturbi psichici, aiutandoli nell’igiene della casa e nella cura personale.

 

“Il mio lavoro” – ci spiega l'assistente domiciliare – “è un servizio alla persona. Nel caso di pazienti autonomi o parzialmente indipendenti, il nostro compito è quello di stimolarli, invogliarli, educarli affinché siano in grado, con il nostro aiuto, di tenere in ordine e pulito l'ambiente in cui vivono, provvedere alla cura del proprio corpo, fare la spesa, andare dal dottore, comprare le medicine. Nel caso di persone allettate o non autosufficienti noi ci facciamo carico di tutto questo, soprattutto quando la famiglia è assente”.

 

Antonietta, che lavora in OSA dal 2009, si occupa di assistenza sociale a domicilio non sanitaria nel comune di Frosinone (servizio SAD – Servizio Assistenza Domiciliare). Nel corso degli anni è diventata anche OSS e seppure da piccola sognava di fare la maestra e poi di lavorare in ospedale, oggi è felice del suo lavoro ultra venticinquennale.

 

“Quello che mi piace è essere a contatto con le persone e aiutarle. Cerco sempre di fare del mio meglio, nel mio piccolo. Rispetto al passato sono sempre di più le persone affette da Alzheimer, ad esempio, o quelle sole che non possono contare su nessuno. Anche grazie ai corsi di formazione e di aggiornamento, siamo in grado di garantire un'assistenza adeguata e professionale, in linea con le nuove esigenze”.

 

Quello che invece è sempre uguale è l'aspetto umano del lavoro. Proprio come ci spiega Antonietta, ciociara di adozione e salernitana di origini. “Quando entriamo dentro casa delle persone, non siamo solo assistenti domiciliari ma, con il tempo, diventiamo in qualche modo confidenti, psicologi, cuochi, parrucchieri. Loro ci aspettano volentieri per chiacchierare, chiederci consigli, per ricevere un sorriso o una carezza”.

 

Purtroppo, sono proprio le carezze e il contatto fisico a mancare di più agli assistiti. A causa del Covid-19, infatti, gli operatori cercano di mantenere le distanze per salvaguardare la salute di tutti.

 

“I miei assistiti sono molto scrupolosi. Cercano di uscire il meno possibile, chi può indossa sempre la mascherina anche in mia presenza. Altrimenti ci teniamo a distanza. Mi chiedono se le notizie che sentono al telegiornale sono vere. Spesso ho paura per la loro salute e quindi sto attentissima a tutto. Fortunatamente non ci siamo mai fermati, siamo stati sempre al loro fianco in questi mesi e non abbiamo registrato nessun caso positivo”, conclude con un sorriso di speranza Antonietta.

 

Il Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD) ai tempi del Covid-19. “L’assistenza viene espletata nel rispetto delle misure precauzionali di contenimento del rischio e nelle condizioni di massima sicurezza con l'uso obbligatorio dei DPI. Nel lavoro sociale è centrale la relazione, il contatto. Purtroppo, i dispositivi creano ‘distacco’ ma grazie alla professionalità e all'empatia degli operatori è possibile superare il distanziamento fisico.

Gli operatori danno centralità all'accoglienza, all'ascolto pieno, dentro il camice, toccando con i guanti. Dietro la mascherina riescono comunque a cogliere le diverse implicazioni della condizione di bisogno”, spiega Roberta D’Alatri, coordinatrice OSA del servizio che attualmente viene espletato per 85 assistiti di cui 45 anziani, 35 persone con disabilità e 5 nuclei.
 

“La valenza sociale, eticaprofessionale del servizio permea tutto il gruppo operativo che è consapevole di svolgere, ancor più in questa situazione, una funzione rilevante per il benessere, la tranquillità, il soddisfacimento dei bisogni primari di tutti gli assistiti, garantendo loro il miglioramento della qualità di vita nella sicurezza domiciliare”.

 

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