“Quando iniziò questa storia avevamo tutti meno di 30 anni e sognavamo in grande, ma nessuno di noi immaginava che saremmo arrivati a ciò che siamo oggi. Nessuno pensava che le motivazioni di allora sarebbero state un'integra spinta propulsiva che, credo, servirà anche per il futuro. Strano a dirsi ma siamo gli stessi, un gruppo di persone legato da vincoli umani e ideali, prima che di lavoro. Spesso questo fatto per una grande azienda è un limite, ma per noi di OSA è sempre stato un vantaggio. È quella marcia in più che ci ha fatto crescere”.

 

“Certo se ripenso agli inizi…” e così Massimo Proverbio, oggi Amministratore delegato di OSA, torna a quei giorni dei primi anni ‘90 quando un giovane medico gli propose di lavorare per l’altrettanto giovane Cooperativa in affanno perché doveva gestire una commessa impegnativa, la prima grande commessa. Quel gruppo di medici, assistenti sociali e tecnici avevano avuto da poco tempo il compito di assicurare assistenza domiciliare ai pazienti affetti da HIV e occorreva dotarsi di un minimo sistema gestionale per governare l’appalto dal punto di vista contabile, amministrativo e di rapporto con le banche. 

 

“L’entusiasmo era tanto ma anche l’ansia, la preoccupazione di non farcela a star dietro ai tanti adempimenti burocratici e nello stesso tempo essere in regola con la contabilità, il fisco, i contributi, i contratti con il personale e garantire cure adeguate ai malati particolari quasi sempre giovani e giovanissimi, con una sensibilità esasperata e una disperazione immensa. Dissi di sì. Allora lavoravo con un gruppo di commercialisti. A loro dedicai la mattina, a OSA i pomeriggi. Prima due, poi tre, poi tutti. Dopo mi dedicai alla Cooperativa a tempo pieno. Ero dentro la storia che è diventata la mia vita.

Il primo periodo lavorai con un contratto esterno di tipo professionale; successivamente entrai nell'organico stabile della Cooperativa. Ormai gestivamo un budget di qualche miliardo di lire, occupavamo centinaia di lavoratori e le banche, necessarie a pagare regolarmente gli stipendi, erano il nostro incubo, e poi mancavano gli infermieri. In quel periodo c’era una carenza drammatica di queste essenziali figure professionali e allora, per reperirle e garantire quell’assistenza di qualità, che è stato sempre ed è il nostro tratto di riconoscimento, aprimmo un canale di comunicazione con l’Argentina e il Perù. Cercammo laggiù il personale che ci mancava e lo formammo in loco per poi farlo venire in Italia. Fu un'esperienza bellissima. Molte di quelle persone sono rimaste in Italia, la maggior parte dopo il lavoro è tornata nei paesi d’origine. Fu allora che conoscemmo il Cardinale Bergoglio, oggi Papa Francesco. Il Cardinale di Buenos Aires ci ha dato buoni suggerimenti per quello che dovevamo fare, raccomandandosi di avere sempre la massima attenzione per i più poveri e accompagnandoci discretamente in quell’avventura. Oggi quel Cardinale è il Papa.

 

I soci della Cooperativa hanno superato alla fine di quest’anno le 2.500 persone. Se penso a queste cose e le metto in fila, spesso ho i brividi, quasi mi emoziono, tutto mi sembra così grande. Però è vero che è cambiato molto, la dimensione stessa di questa nostra iniziativa. Seguiamo ancora 144 pazienti affetti da HIV a cui dedichiamo 17 mila accessi, ma entriamo anche nelle case di 33 mila persone per numerose altre patologie. Un milione e mezzo di accessi a domicilio, 1 milione e 600 mila ore di assistenza. OSA ha ormai un campo d’azione nazionale dal Lazio alla Puglia, dalla Basilicata, alla Lombardia alla Sicilia. Nel Lazio lavoriamo nella ASL Roma D ed E, in quella di Tivoli, Civitavecchia, Latina e Frosinone. In Sicilia offriamo servizi di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) a Palermo, Caltanissetta, Agrigento.

 

In Abruzzo a L’Aquila, nella Basilicata a Matera. Gestiamo una grande Residenza sanitaria di 150 posti a Bellagio accreditata con il Servizio Sanitario Regionale della Lombardia e quella di Mesagne, a Brindisi, con 110 posti autorizzati e in via di accreditamento con il SSR pugliese. Lì sperimentiamo un profilo assistenziale diverso che ha come baricentro il sociale e poi il sanitario. A Roma lavoriamo in out- sourcing con il S. Andrea, il Policlinico Umberto I e il Bambino Gesù.  Trent’anni dopo OSA è un autorevole erogatore di assistenza territoriale che ambisce ad essere un punto di riferimento per la qualità delle prestazioni erogate e come modello organizzativo”.
 

E il futuro?

“Il nostro futuro è nello sviluppo di un modello di assistenza domiciliare avanzato e moderno perché è di questo che il sistema sanitario avrà sempre più bisogno se vuole mantenere la caratteristica di universalità. L’assistenza domiciliare costa infinitamente meno e può dare risposte, fino a ieri impensabili, anche grazie alla disponibilità di una tecnologia portatile sempre connessa e alla telemedicina. Inoltre, e lo abbiamo imparato nel tempo, è sempre necessaria la massima attenzione all’equilibrio economico dell’azienda e al rispetto di tutte le regole, anche perché le buone pratiche e le buone idee senza l’attenzione ai numeri spesso non hanno orizzonte.

Perciò amministrare qualcosa che è di tanti e da cui dipendono famiglie e bisognosi è una doppia responsabilità ma anche una motivante sfida. In questi anni il buon senso, l’amicizia e l’aiuto comune tra i soci sono stati i fattori che hanno reso più leggera la fatica.

Questo è anche il futuro ma noi lo stiamo già affrontando, vorremmo scrivere la storia di OSA dei prossimi… 30 anni”.

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