Puntare sui poliambulatori e sull'assistenza domiciliare, per creare una rete che parta dal basso e attraverso la collaborazione di medici di medicina generale, farmacisti e cooperative socio-sanitarie possa dare risposte efficaci ai bisogni dei cittadini pugliesi. È questa la proposta di Confcooperative presentata oggi nel corso di un incontro organizzato presso la Camera di Commercio di Bari da FederazioneSanità e Federsolidarietà Puglia. L'appuntamento, dal titolo “Cooperazione: welfare in progress”, che fa seguito al convegno organizzato a Roma lo scorso 31 marzo, ha visto la partecipazione del presidente di OSA e di FederazioneSanità, Giuseppe Milanese, insieme alla vicepresidente di Federsolidarietà Valeria Negrini, e a Daniele Ferrocino, presidente di Federsolidarietà Confcooperative Puglia. Per la Regione Puglia erano invece presenti il direttore del Dipartimento promozione della Salute, Giovanni Gorgoni e la dirigente programmazione sociale e integrazione sociosanitaria, Anna Maria Candela.

 

“Quella di FederazioneSanità – ha detto il presidente Giuseppe Milanese – è una rivoluzione a costo zero: occorre soltanto uno sforzo organizzativo e culturale. La riorganizzazione della sanità e del welfare – ha aggiunto – non è un problema solo di risorse ma di frammentazione del sistema: il 38 per cento dei pazienti ha una patologia cronica e per l'assistenza residenziale abbiamo 224 mila posti letto a fronte dei 496 mila necessari, per stare nella media europea. In Italia, inoltre, una legione di 830 mila badanti va a compensare un'assistenza domiciliare che si attesta su una media annua di sole 22 ore a persona. In Puglia – continua – l'assistenza domiciliare è ferma al 2 per cento e nell'assistenza intermedia rispetto all'Emilia Romagna c'è un quinto dei posti letto. Questo è un gap che deve essere colmato. Un altro aspetto – ha proseguito Milanese – riguarda la libertà di scelta dei cittadini in ambito sanitario: tutto viene affidato alle decisioni dell'apparato burocratico, invece una sentenza del Tar di Lecce ha individuato nella libera scelta la stella polare del sistema. Il nostro modello di welfare propone, tra l'altro, l'idea del Consorzio di assistenza primaria – CAP, per mettere in rete e coordinare le cooperative di medici e quelle di farmacisti, di operatori sociosanitari e operatori della salute mentale. Il servizio Cap è già operante nel Lazio, come capofila, con 72 farmacie che offrono servizi di assistenza primaria. Il modello è stato successivamente replicato con successo in Abruzzo, Calabria, Campania, Piemonte e Sicilia e sta per nascere in Lombardia. A Bari – ha sottolineato Milanese – il servizio CAP partirà a breve: un progetto pilota da estendere in seguito in tutta la regione”.

 

PRESA IN CARICO. “In Italia non esiste un sistema di assistenza domiciliare, che viene ancora purtroppo assegnata con gare pubbliche con una disomogeneità totale su tutto il territorio nazionale. Registriamo una bassissima incidenza sugli ultra 65enni, elemento che ci colloca agli ultimi posti in Europa: gli anziani in questo Paese stanno soffrendo e l'Italia si colloca al 37esimo posto per il Global age watch index, l'indice dell'Oms che misura il livello di benessere sociale ed economico degli anziani”. Per questo “c'è da costruire un vero sistema di presa in carico che possa garantire ai cittadini con malattie croniche una qualità di vita migliore, una migliore sopravvivenza e una riduzione dei costi”.

 

LEGGE SU ASSISTENZA PRIMARIA. “Abbiamo inondato il ministro Lorenzin di richieste sul tema dell'assistenza ai pazienti e mi pare che nelle ultime sue affermazioni sia stata anche più incisiva di noi. Quello che le chiediamo è una legge nazionale sull'assistenza primaria che possa riordinare il sistema e stabilire ruoli e norme, organizzi una rete e alla fine preveda una misurazione delle prestazioni offerte, con la possibilità per gli operatori di competere non solo per numero di servizi erogati, ma anche per la qualità”.

 

NUOVI MODELLI DI ASSISTENZA. “Ci sono varie regioni in Italia che stanno sperimentando nuovi modelli di assistenza, prime tra tutte l'Emilia Romagna. L'idea con il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, è quella di istituire delle regole per mettere in piedi un sistema di erogatori con qualità certificata, storie professionali e nuovi posti di lavoro. Se vogliamo adeguarci ai livelli europei servono circa 400 mila operatori in più: questo permetterebbe allo stesso tempo anche il coinvolgimento dei giovani nel sistema occupazionale”. (articolo aggiornato il 19 maggio 2016 – fonte www.dire.it)
 

 

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